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Un piacere vederlo

di Roberto Fedi
  Daniela Poggi
Data di pubblicazione su web 25/03/2003  
Il programma cominciò qualche anno fa, e suscitò polemiche. Qualcuno disse, anche autorevolmente, che non era né logico né giusto indagare su persone che se ne sono andate senza lasciare tracce, e soprattutto che non era accettabile scatenare una specie di caccia mediatica all'uomo (o alla donna) trasmettendo in Tv foto di gente scomparsa, e che magari poteva avere avuto le sue ragioni (legittime) per sparire. Altri notarono che quella di mettersi alla ricerca di persone uscite di casa senza dare più notizia di sé era una vecchia abitudine dei giornali popolari: la "Domenica del Corriere", nel dopoguerra, aveva addirittura una rubrica fissa, con tanto di foto di solito ingiallita e un titolo che - se non andiamo errati - era lo stesso del programma televisivo di cui stiamo parlando: Chi l'ha visto?

Il caso dei giornali del dopoguerra aveva le sue radici direttamente nelle numerose e inevitabili scomparse a seguito delle vicende belliche: che erano talmente frequenti che, per almeno un decennio, ogni tanto qualcuno ci faceva sopra anche dei film. Poi tutti si rassegnarono, e la ricerca finì.

Quando il programma fu varato alla Rai, era in qualche modo un 'clone' di simili programmi esteri (in Usa ce n'è uno che addirittura ricerca, spesso con successo, bambini rapiti da delinquenti itineranti). Ebbe un certo seguito, ma declinò presto. E gli spettatori nazional-popolari alla fine si stancarono di dare la caccia a giovanotti che avevano tagliato la corda per scappare da fidanzate opprimenti (sulla cosa si è anche ironizzato in una puntata del nuovo Medico in famiglia), a debitori in fuga, a bugiardi inveterati di cui l'ultima frase che si ricordava era la classica 'esco un attimo a prendere le sigarette', e non si erano rivisti più.

La trasmissione, comunque, ebbe meriti nell'ambito della gnoseologia. Mostrò infatti inequivocabilmente quanto sia difficile riconoscere una persona, qualsiasi persona, da una fotografia: da qui segnalazioni sballate, ma tutte in buona fede, su gente che veniva vista contemporaneamente alla stazione di Milano e al porto di Messina. A dire la verità, la trasmissione aveva proprio in questo il suo punto di forza: nella pirandelliana dimostrazione della nostra labile identità. Così è se vi pare.

Da un po' il programma ha ripreso quota, il lunedì sera su Raitre. Si è rinnovato. Molto del merito va a nostro parere a Daniela Poggi: che è, senza mezzi termini, bravissima. Anzi, fra lei e tutte le signore o signorine (come si diceva una volta) dello schermo, quelle insomma che ci ingombrano le serate o le domeniche senza avere nulla da dire, senza sapere mostrare altro che le classiche due faccine A e B (allegra e seria), attente solo alla pettinatura, all'inquadratura, alla scollatura, alla sfumatura del maquillage: beh, c'è un abisso.

Tra l'altro la Poggi ha una qualità assolutamente rara in televisione. Quella di saper rispondere in diretta alle telefonate. Vabbè, si dirà: è il minimo, in una trasmissione come questa. Già, ma visto che tutte le trasmissioni o quasi sono ormai interpassive - pardon, interattive - dovrebbero saperlo fare anche le altre, dalla Venier in giù (o in su); e invece ci tocca sentire di solito frasi storiche del tipo "da dove telefoni?", "che tempo fa da te?", "sei sposata?", e altre scempiaggini. E naturalmente una cosa è parlare al telefono con una poveretta che chiede "dammi un aiutino", e un'altra è ricevere, con seria partecipazione ma senza strafare, la chiamata in diretta di una signora che ha riconosciuto, in un tragico filmato girato nel 1944 alle Fosse Ardeatine, un ragazzo scampato per miracolo alla strage: un suo cugino, di cui ha detto nome e cognome, che aveva avuto tutta la famiglia uccisa e che era poi morto per malattia pochi anni dopo, e che solo per questo non si era fatto vivo.

Daniela Poggi è misurata, credibile, onestamente compresa in quello che fa. È - ripetiamo - bravissima. E il programma lentamente è passato ad essere quello che è ora: una cosa seria, dove si parla di persone vive e non di marionette, dove i servizi sono ben fatti, accurati, senza essere frettolosi o lacrimosi. Dove non si tratta di pettegolezzi o di morbosità e non si cerca a tutti i costi lo scoop, o l'emozione viscerale. E dove si parla con misura e serietà anche di momenti storici dell'identità nazionale, oltre che delle identità personali: le Fosse Ardeatine, per esempio. Daniela Poggi ha anche un'altra qualità, rara: è credibile e discreta quando si emoziona; e sa ascoltare, nelle telefonate, le cose che dicono gli interlocutori. Fa domande parche e conseguenti. È elegantemente educata, o forse educatamente elegante: cosa, come ognun sa, oggi rarissima in Tv, forse unica.

La signora Poggi è avvisata. Se un giorno decidessimo di sparire, beh, per favore: ci ritrovi.

Chi l'ha visto?

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