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The Day After

di Roberto Fedi
  Serena Autieri, Pippo Buado, Claudia Gerini
Data di pubblicazione su web 11/03/2003  
Se fossimo crudeli (non lo siamo) o anche solo un po' cattivi (quasi mai), oggi saremmo felici. Ci riferiamo al Festival di Sanremo, di cui abbiamo già parlato e sul quale anzi abbiamo nei giorni scorsi lanciato un ironico Anatema. Nel quale dicevamo più o meno questo: che lo spettacolo è decotto, che era una lungagnata senza capo né coda (5 giorni per ore e ore di trasmissione), che non ci andava di vederlo, che invitavamo i lettori a fare altrettanto, e che in quei giorni avremmo parlato d'altro. Cosa che abbiamo fatto.

Beh: i casi sono due. O i telespettatori si sono improvvisamente scoperti un'allergia da Sanremo incontenibile, o hanno seguito il nostro consiglio in massa. Perché gli ascolti, come sanno ormai tutti, sono stati quasi disastrosi: qualche milione in meno di contatti, nonostante che il Pippo (via, scriviamolo con la maiuscola, non infieriamo sui vinti: l'abbiamo detto in apertura che non siamo cattivi, il che non vuol dire però che siamo buoni) ce l'abbia messa tutta, ma proprio tutta. Coinvolgendo anche la famiglia: sembra infatti che la signora Katia Ricciarelli in Baudo, per condividere la pena del marito che, alla disperazione, per cercare di far notizia aveva baciato in diretta la signorina Littizzetto, abbia eroicamente fatto altrettanto con Luca Giurato. Quando si dice sacrificarsi per la causa.

Le ragioni del calo disastroso degli ascolti sono state vagliate, com'è giusto, da finissimi analisti, neanche si trattasse di una seduta dell'Onu per la guerra a Saddam. Pippo pro domo sua ha sostenuto la tesi più originale, e senz'altro più divertente. Che è più o meno questa. Sanremo ha avuto qualche milione in meno di ascolti perché se ne è parlato troppo, e la gente la sera non l'ha guardato perché gli sembrava di averlo già visto. "Pippo, Pippo!…", direbbero a Striscia la notizia. Perché sarebbe come sostenere che, per lanciare un film, non se ne deve dire neanche una parola: tutti zitti e mosca, così la gente si incuriosisce ("cosa sarà mai quel film di cui non parla nessuno…?"), e assalta il botteghino. La cosa è così patetica che ci viene voglia di riscrivere pippo con la minuscola.

La realtà, come ha autorevolmente e con una certa ironia sostenuto Mina (sì, proprio lei) sulla "Stampa" di sabato 8 marzo, è che si tratta di un "Sanremone" ormai invedibile, troppo lungo, noioso, con musiche inascoltabili, personaggi modestissimi e comici ancor più modesti (abbiamo letto resoconti sull'intervento, ad esempio, di Enrico Montesano da far venire i brividi), che si regge ormai solo sul fatto che 'se ne deve parlare'. Se un anno - aggiungiamo noi - qualcuno decidesse di non trasmetterlo non se ne accorgerebbe nessuno. E nessuno nemmeno si lamenterebbe se una valletta non facesse più vedere le mutande in diretta (è successo: l'ha documentato Striscia), perché tanto se ne vedono di tutti i colori, fogge e dimensioni in qualsiasi spettacolo Tv, escluso - per ora - il telegiornale.

Non basta. Perché come accade per i disastri nazionali di cui si continua a parlare per giorni e giorni, di solito senza provvedere a migliorare la situazione, anche qui già dal giorno dopo, invece di tirarci su un bel frego e cominciare da capo a pensare in anticipo a un programmino un po' più agile e divertente, ecco l'alluvione delle chiacchiere e dei cantanti (anzi 'degli artisti', come si autodefiniscono: e i giornalisti e i conduttori Tv, invece di mettersi a ridere, come un sol uomo 'voi artisti…'). Che invadono lo schermo della Rai (Rete pubblica) a cantare, sospirare, gridare, strillare, mimare in playback le canzoncine e a farsi pubblicità gratuita a spese del contribuente: che così, oltre a pagare il baraccone pippesco e tutte le presentazioni, paga anche la pubblicità postuma.

Nella bagarre è intervenuto anche Michele Santoro, da noi qualche giorno fa gratificato di un articolo di cui stiamo già per pentirci. Che durante un convegno a Palermo (notizia tratta dalla "Stampa" del 9 marzo) aveva sentenziato: "Stiamo assistendo ad una santificazione tardiva del Pippo nazionale, attorno a lui si sta istituendo una centralità televisiva", aggiungendo che "dopo due anni di brillante conduzione di Fabio Fazio Sanremo è tornata a Baudo, a tutta convenienza di chi gestisce l'altra metà della televisione". Parole dense e oscure, come si vede (con un errore imperdonabile: nell'interregno ci fu la Carrà). A cui il presentatore, pur nel caos dei giorni sanremesi, ha risposto secco: "Spero che qualcuno gli dia presto un programma da fare, altrimenti bisognerà ricoverarlo".

La risposta ci è sembrata così azzeccata, tagliente e cattiva (quindi di quelle che ci piacciono di più: basta col buonismo a tutti i costi) che abbiamo deciso di rendere al suo autore l'onore delle armi, e di restituire a Pippo, definitivamente, la sua maiuscola.


53° Festival della canzone italiana

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