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L'Arte della Guerra (3)

di Roberto Fedi
  Massimo Giletti
Data di pubblicazione su web 27/03/2003  
A noi sentire Massimo Giletti col capello cotonato che, per esempio il mercoledì 26 marzo alle ore 14 circa su Raiuno (Casa Raiuno), parla di guerra, onestamente fa un po' senso. Non perché dubitiamo del suo sincero (per carità!) sentimento umanitario: lo stesso che manifesta ogni giorno, infatti, nella sua televisione più o meno del dolore. Ma perché a noi sembra che la guerra e tutto il resto siano una cosa troppo seria, troppo complicata, troppo importante per lasciarla commentare a uno che per professione fa, oltre che l'uomo dal capello cotonato, l'intrattenitore in un programma che sarebbe troppo sbracato anche per una Tv locale.

E quindi, per esempio appunto mercoledì 26 marzo circa alle ore 14 et ultra, abbiamo visto con l'intervento del pubblico in studio (ma chi ce li manda quelli? mistero), un generale (l'unica persona seria: almeno sapeva di cosa parlava) e un paio di ospiti fra i tanti - tutti esibizionisti - che in questi giorni infestano con le loro inutili chiacchiere gli schermi, un aggiornamento della Tv del dolore. Il bello (bello!?) è che con la guerra i Giletti e gli altri intrattenitori dalla lacrime facile vanno a nozze: altro che il caso (chi se ne frega?) del poveretto o del pensionato o della donna sola o del disperso. Qui si lavora in grande, altro che storie.

E così abbiamo sentito parlare di bambini, di bombardamenti, di tristezze varie e di catastrofi attuali e possibili con la stessa serietà, lo stesso approfondimento, la stessa competenza con cui di solito, in quella trasmissione e in altre consimili, si parla appunto di robetta: una parlava di come ci si sente sotto i bombardamenti (lei se lo ricordava dalla seconda Guerra) con lo stesso pathos con cui in quella trasmissione si discute, che so?, della finale del Festival di Sanremo o giù di lì. Ovviamente fermando tutto alla superficie della questione: un po' di lacrimucce, e via. Come al mercato, dalla parrucchiera, o aspettando il tram.

Inutile porsi la domanda, ovvia, su quante lacrime spargevano quei piagnucolatori da Tv - visto che si parla di bambini - sui bambini 'prima' dei bombardamenti, o sui bambini in Africa (milioni di sieropositivi: e chi se ne frega?), o sui bambini a Rio o sui bambini maltrattati di tutto il mondo. Quelli, mica fanno notizia. A meno che la Tv non dedichi uno speciale (ma non succede quasi mai) a questi bambini senza diritto di schermo: e allora dài, giù a piangere anche su di loro. I vari esibizionisti presenti in studio intervenivano con la faccina B (quella dell'apprensione: così anche il Giletti) spiegandoci che la guerra (anzi: la 'guera') è orrore, anzi 'orore'. Accidenti che approfondimento, accidenti che novità.

Alla fine, o meglio: finché ce l'abbiamo fatta a reggere il disgusto, il Giletti ha detto: "e adesso musica!", proprio come quando saluta distratto qualche poveretto della Tv del dolore, o un cantante stracotto del primo pomeriggio. Dopo la pubblicità, è apparso come al solito con una bella figliolona con scollatura abissale, sorriso a 32 denti 32, come d'uopo alla Tv, del dolore o no. Subito dopo ha parlato di maccheroni, con una becera che urlava "guagliò, venite accà!".

Tutto questo tre minuti dopo aver pianto come da contratto sui bombardamenti, i poveri bambini iraqeni, e via col liscio. Domanda: ma si può?


Casa Raiuno

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