drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Un tributo alla luce e alla musica

di Gabriella Gori
  Lumière
Data di pubblicazione su web 13/07/2001  
I grandi eventi, si sa, creano attesa e radunano appassionati. Chi è stato grande poi beneficia sempre e comunque di quell'indiscussa aura sacra che circonda la sua persona e il suo operato. Non diversamente poteva essere per Maurice Bèjart, mefistofelico vegliardo della danza del XX secolo, e il Béjart Ballet Lausanne, accolti al teatro Carlo Felice di Genova da un pubblico in delirio con standing ovation finale. A scatenare questo fiume di consensi Lumière, la nuova creazione del settantaquattrenne coreografo marsigliese, andata in scena a giugno in prima mondiale al Festival "Les nuits de Fourvière" di Lione e applauditissima in prima nazionale nel capoluogo ligure per l'apertura del 33° Festival Internazionale del Balletto.

La dernière pièce del padre fondatore del leggendario Ballet du XXème Siècle e autore di storiche e rivoluzionarie coreografie come la Sacre du primtemps e Bolero, non ha deluso le aspettative, anche se i momenti entusiasmanti, in cui lo stile graffiante e insieme poetico di Béjart è apparso in tutto il suo fulgore, hanno lasciato il posto ad altri troppo autocelebrativi. Lumière è un tributo alla luce reso da una triade di artisti francesi, legati da affetto sincero, di cui Maurice, unico superstite, è il portavoce. Accanto a lui, idealmente, la cantante e amica Barbara che, definendosi "la luce nera", aveva fatto scoprire all'amico marsigliese Lumière, la canzone del carismatico chansonnier Jacques Brel, che lei riteneva la vera luce e terzo importante elemento di questo sodalizio umano e intellettuale.

Ma Lumière per Béjart diventa anche sinonimo dei fratelli Lumière che a Lione nel 1895 avevano inventato il cinematografo, con tutto il fascino delle immagini di luce esaltate dal buio delle sale. Lumière è, per usare le parole del creatore, "un balletto d'amore, di memoria, di passato e futuro" consegnato all'infanzia, in cui il Maestro continua la sua ricerca di un teatro totale d'ispirazione wagneriana che fonde, in un orgiastica festa di forme, musica, danza, recitazione e arte scenica. A introdurci in questo spettacolo composito, multidisciplinare e multimediale, è il coreografo in persona che, vestito di nero, esordisce citando passi dalla Genesi sulla luce, prodotto della creazione divina e emblema di vita, mentre sulla scena da involucri di elastico scuro, una sorta di bozzoli alla Nikolais, si agitano e si liberano come farfalle trentaquattro danzatori.

Belli, forti, scattanti, i ballerini appaiono en plein air irradiati da un disco solare e da questo momento, dopo una scena corale di rara bellezza in cui la coreografia ricorda le mitiche apparizioni del Ballet du XXème siècle, Lumière si snoda in quadri e in citazioni dal Corano, da La gaia Scienza di Nietzsche e da Il Piccolo Principe di Saint-Exupéry. Sul disco, divenuto un grande schermo rotondo corredato di altri due piccoli televisori ai lati, scorrono immagini con i volti di Barbara e Brel, impersonati sul palcoscenico dalla statuaria Elisabet Ros, una lady tutta in nero in sintonia con l'esistenzialismo francese, e l'elegante ed evanescente Gil Roman, punta di diamante della compagnia. Tesse le fila di questo omaggio alla vita lo stesso Béjart che, in qualità di metteur en scène - coadiuvato da Jean Paul Knott per i costumi da F.L.Structure per le scenografie - entra ed esce dalla scena e in italiano e francese recita, grida, rimprovera e implora ogni volta amore.

Attorno alla coppia di mostri sacri della canzone parigina, la danza dialoga con le musiche di Johann Sebastian e Carl Philipp Emanuel Bach, le canzoni di Barbara e Jacques, lasciando il posto ai ricordi e alla nostalgia. Ed ecco le mitiche L'aigle noir e La solitude di Barbara, La Valse à mille temps/ Ne me quitte pas e Les Plat Pays di Jacques Brel in un turbinio di sequenze coreografiche con Gil/Jacques sovente in bicicletta, Elisabet/Barbara abbandonata sul dondolo, danzatori in tute da lavoro o attaccati ad una sbarra per evoluzioni da equilibristi, valzer, sensuali tanghi con rosa rossa tra i denti, ragazze sulle punte in fascianti body scuri e multicolore, atmosfere veneziane, fino ad arrivare ai fratelli Lumière, Louis e Auguste trasformati in clown felliniani, uno bianco e uno nero, con Béjart che recita Amarcord/Je me souvien in un palese tributo all'amico cineasta.

In mezzo a tutto questo andirivieni Tersicore sfodera passi a due, assoli, momenti corali e numeri che attingono dal repertorio dello stile neoclassico e contemporaneo, eseguiti da coreuti in ottima forma. Da buon stratega lo smaliziato vecchio marsigliese non dimentica neppure il trend coreografico attuale e ne L'aigle noir mette in scena la più smaccata contaminazione fra pura tecnica accademica e ritmi tribali facendo corrispondere a sfavillanti brisés volés di uno strepitoso Roman, dotato di grandi ali, le evoluzioni scatenate e primitive di una piccola e muscolosa ballerina di colore che danza su percussioni ossessive. Alla fine un bambino, simbolo di un avvenire luminoso, congeda uno spettacolo accattivante e ben confezionato ma privo di quello smalto che ha contraddistinto le più belle creazioni di monsieur Maurice.

Lumière
cast cast & credits
 







 
 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013