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Un Don Giovanni seduttore a metà

di Paolo Gallarati
  Don Giovanni
Data di pubblicazione su web 08/02/2005  
Se le repliche del Don Giovanni , in scena al Teatro Regio, terranno il successo ottenuto nella prova generale e confermato nella prima di ieri sera, il merito andrà, innanzitutto, alla direzione di Gianandrea Noseda. La sua esecuzione scorre con ritmi sostenuti, attrae per la proprietà del fraseggio, la vivacità dei contrasti e la chiarezza con cui esibisce in trasparenza la straordinaria ricchezza dell'orchestra di Mozart. Le pagine brillanti scorrono allegre, quelle tragiche si caricano di oscurità, quelle "a doppio fondo" - e sono le più numerose - in cui, sotto l'apparente brillantezza di superficie, s'allungano le ombre del mistero e del presagio, risultano giustamente enigmatiche, come vuole quest'opera dai mille volti, tutti inafferrabili.
Erwin Schrott (Don Giovanni) e Nicola Ulivieri (Leporello)
Erwin Schrott (Don Giovanni) e Nicola Ulivieri (Leporello)


Noseda è assecondato da un gruppo di voci eccellenti. Difficile sentire cantar meglio la parte di Donna Anna: ogni volta che apre bocca, Mariella Devia, riversa nelle nostre orecchie suoni di una dolcezza difficilmente eguagliabile. L'aria del second'atto, ad esempio, è un prodigio di soavi acrobazie, svolte con la leggerezza di una libellula. Barbara Frittoli nella parte di Elvira non è da meno: il suo canto possiede l'eleganza, lo stile e la levigatezza necessarie perchè le nostalgiche melodie di questa donna, sedotta e abbandonata, fluiscano nella notte, trafitte dalle pungenti ironie di Don Giovanni, sospinte dalle nervose increspature degli strumenti. Completa il magnifico terzetto delle voci femminili Laura Cherici nella parte di Zerlina: anche lei vocalista squisita, dal timbro caldo e dalle sfumature soavi.

Esempi ragguardevoli di bel canto ci sono anche nel settore maschile: il protagonista Erwin Schrott ha una voce ben timbrata, dizione accurata, eleganza di fraseggio; Nicola Ulivieri, Leporello, appare suadente nelle melodie spiegate, gustoso e croccante nella successione delle note sillabate, biglietto da visita del "basso buffo"; Fabio Maria Capitanucci gli sta vocalmente alla pari come Masetto, il Commendatore di Mario Luperi spara note possenti e Massimo Giordano ha stoffa per la parte difficilissima del tenore Don Ottavio, anche se il raggiungimento della perfezione, specie nel cambio di registro, non è ancora avvenuto.

Musicalmente, quindi, gli ascoltatori possono essere soddisfatti. Ma il Don Giovanni, come ben sappiamo, non è solo musica. E', prima di tutto azione, scontro di personaggi corposi, plastici, con la loro vita, la loro storia, i loro drammi, la loro inconfondibile qualità umana, fisica e interiore. Purtroppo, in questa esecuzione nessuno dei cantanti citati giunge a creare un vero personaggio, con la sola eccezione Ulivieri-Leporello, l'unico che alla fine lascia nello spettatore l'immagine esatta del popolano astuto e pauroso, servile e ribelle, schiacchiato dal padrone tirannico e a lui indissolubilmente legato. Accanto Leporello, che finisce per eclissare il protagonista, tutti gli altri sembrano poco più che fantocci.

Qui si entra dunque nel merito della regia di Michele Placido. L'assunto generale è quello, abusato e superato nelle esecuzioni più moderne, del Don Giovanni come opera tragica, anzi funerea. A questo alludono non solo le scene molto lineari e piuttosto belle, specie la prima, di Maurizio Balò (l'annunciata Sicilia è deducibile solo da alcune piante grasse, peraltro ravvisabili anche a Siviglia), ma soprattutto i due enormi pannelli di broccato nero bordato d'oro che campeggiano, a destra e a sinistra, come tappeti funebri.


 

Nicola Ulivieri (Leporello) ed Erwin Schrott (Don Giovanni)
Nicola Ulivieri (Leporello) ed Erwin Schrott (Don Giovanni)



Nere le scene, scuri i costumi ottocenteschi, fosche le luci. Siamo di notte, d'accordo: ma in quella notte, che domina quasi tutta l'opera, l'azione di Da Ponte schiumeggia in un seguito di situazioni incalzanti, ha l'allegria scoppiettante e la naturalezza dell'opera buffa italiana, sotto la quale Mozart lascia trasparire i suoi insondabili abissi di dolore e di mistero. Qui, invece, lo spettacolo è triste, lento, i gesti sono poco naturali, talvolta francamente sbagliati, e i cantanti attori, se non stanno fermi, vengono abbandonati alla più prevedibile gesticolazione melodrammatica.

Il Don Giovanni di Mozart è uno scroscio di vitalità travolgente, un'eruzione di pura energia vitale che lo fa bello, persino nell'atto di compiere i suoi misfatti: ma Erwin Schrott, con la sua toga nera, si muove con la vitalità di un professore universitario durante una cerimonia accademica. Scena del cimitero: perché la statua che campeggia rappresenta un grande angelo invece del Commendatore? Perchè Leporello ha tanta paura, se la statua non muove il capo? Scena del banchetto: perché la sala si trasforma in un cimitero, con una maldestra citazione da Strehler, e arrivano almeno cinque statue, di modo che non si capisce più quale sia quella giusta? E perchè Don Giovanni, invece di sprofondare tra le fiamme dell'inferno, si arrampica grottescamente sulla statua più alta, facendone tremare la possente struttura di cartapesta? Perché, perché, perché...Altre domande potrei qui elencare.

L'impressione, insomma, è che Michele Placido, in questa regia, ce l'abbia messa tutta. Ma, come avrebbe detto Massimo Mila, affrontare il Don Giovanni senza aver mai fatto una regia d'opera è come scalare il Cervino senza essere mai andati in montagna.

Don Giovanni
Dramma giocoso in due atti


cast cast & credits
 
trama trama
 

 

Da "La Stampa"
del 26 gennaio 2005 

 

 

 


 



Erwin Schrott (Don Giovanni) e Laura Cherici (Zerlina)
Erwin Schrott
(Don Giovanni)
e Laura Cherici
 (Zerlina)
 

 

 

 

 

 

 


 

Barbara Frittoli (Donna Elvira) ed Erwin Schrott (Don Giovanni)
Barbara Frittoli
(Donna Elvira)
ed Erwin Schrott
(Don Giovanni)

 

 

 

 





 

 
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