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Dove la pelle è ancora un problema

di Gherardo Vitali Rosati
  Jeffery Kissoon e Nina Sosanya
Data di pubblicazione su web 02/02/2005  

I libri sono sparsi dappertutto: il proscenio è invaso da cumuli di testi che formano una lunga barriera, gli scaffali che arrivano fino al soffitto non sono più sufficienti a contenere i sempre nuovi acquisti che Brother Kiyi ordina per il suo negozio… Il problema è evidente: il suo amore per la cultura e la lettura gli impedisce di assecondare ogni esigenza commerciale e così non si accorge che tutto ciò che compra resta lì, nessuno acquista più i suoi libri riguardanti esclusivamente la storia della popolazione nera a partire dalla sua prima schiavitù nelle piantagioni d'America fino al più recente passato. E' quindi solo lui che legge e rilegge gli stessi testi, a cui fanno eco le registrazioni degli eroi del movimento nero come Marcus Garvey o James Baldwin.


 

Claire Benedict
Claire Benedict


L'estrema solitudine del protagonista è interrotta di tanto in tanto dai suoi amici, anch'essi rigorosamente provenienti dalla Giamaica o dai paesi limitrofi, come Norma, una sua coetanea e amica di lunga data, e i due giovani Carl e Kwesi: l'uno, salvato dal crack e dalla strada da Brother Kiyi, lavora come trasportatore e passa il suo tempo nella libreria come se fosse la sua casa, l'altro è attivamente impegnato nel movimento politico della sua comunità e vive in una stanza al piano superiore del negozio. Sarà l'ingresso di una bellissima ragazza, solo apparentemente interessata ad acquistare dei testi, che porterà ad uno sconvolgimento della quotidianità.


Mo Sesay
Mo Sesay




E' la storia di Fix Up, ultimo spettacolo del National Theatre, basato su una pièce di Kwane Kwei-Armah (premio Peggy Ramsey nel 1998, Evening Standard e Charles Wintour nel 2003): una commedia divertente ma estremamente problematica, dai toni forti e polemici non solo nei confronti degli europei che "non potranno mai essere perdonati per la schiavitù dei neri", ma anche del movimento politico dei neri in Gran Bretagna che troppo spesso non è sostenuto da una sufficiente conoscenza dei principali avvenimenti che hanno portato all’attuale condizione di apparente uguaglianza della popolazione nera.

Fin dalla prima scena emerge il carattere tragicomico della rappresentazione, significativa grazie ad attori poliedrici e scattanti di notevole esperienza teatrale e cinematografica. Il vecchio libraio è interpretato da Jeffery Kissoon, già attore di Peter Brook per il film The Mahabharata e lo spettacolo Hamlet: grazie alla sua abilità fisica e vocale dà vita ad un personaggio di grande spessore, caratterizzato, forse un po' troppo, dal tipico accento giamaicano (richiesto dal testo), dai capelli rasta e dai movimenti burberi di chi si sente costantemente in battaglia. A lui si accosta il giovane Mo Sesay nei panni di Carl che si muove da rapper creando le scene più divertenti dello spettacolo.

Meno caratteristici risultano gli altri tre personaggi, all'insegna comunque di una regia votata ad un realismo quasi cinematografico che fa del testo una rigida gabbia da cui pare impossibile allontanarsi con creazioni originali. In questo senso il lavoro di Angus Jackson pare ridotto ad una precisa trasposizione scenica di tutto quanto già scritto nelle didascalie del testo, allo stesso modo la scenografia di Bunny Christie riproduce esattamente una tipica libreria, le luci di Neil Austin risultano neutre, così come il rumore della strada che entra dalla porta insieme ad ogni personaggio che si affaccia nel negozio di Brother Kiyi.

Cardine unico dello spettacolo è dunque il testo, cha vanta il pregio di riuscire ad affrontare con serietà temi politico-sociali (quali il ruolo della donna nel movimento nero, l'importanza dell'economia africana per l'avvicinamento del potere, la collaborazione con i bianchi e l'importanza della cultura nella lotta politica) presentandoli con toni estremamente accattivanti e divertenti: persino i lunghi discorsi di Marcus Garvey appaiono perfettamente amalgamati al contesto e non intralciano assolutamente la rappresentazione. Il limite dello spettacolo sta proprio nell'aver subordinato troppo apertamente ogni elemento della rappresentazione al messaggio politico: già nella trama si coglie dietro ad ogni evento un fine moralistico che a nostro avviso finisce per offuscare l'aspetto artistico a favore di quello didascalico.

 







Fix up
cast cast & credits
 





Steve Toussaint
Steve Toussaint



 
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