drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Uno splendido cadeau

di Gabriella Gori
  Bolle-Hodgkinson: Petit Morte
Data di pubblicazione su web 30/12/2004  

Quando si ha la fortuna di assistere ad eventi spettacolari che lasceranno il segno per la loro straordinaria ubicazione e il loro entusiasmante contenuto, è difficile dare un giudizio scevro di eccessivo coinvolgimento emotivo. Il rischio è quello di cadere in una banale retorica o di sciorinare belle frasi ad effetto, degne di 'ballettomani' incalliti. Ma corre l'obbligo di raccontare quanto è successo al Teatro alla Scala di Milano il 31 dicembre 2004 per il Gala des étoiles, secondo evento inaugurale del rinnovato Piermarini, dopo la messinscena dell'Europa riconosciuta di Antonio Salieri, diretta da Muti, e primo appuntamento con il balletto per una fantastica fine anno. Della renovatio del Teatro "dir non è mestieri". Un'opera di restauro su cui sono stati scritti fiumi di parole e che al di là delle inevitabili polemiche – a chi scrive è apparsa un'operazione perfetta e di altissimo valore - ha restituito a Milano, all'Italia e al mondo uno dei suoi gioielli più preziosi. E la straordinaria magnificenza del luogo è stata esaltata dal Gala des étoiles, uno splendido cadeau che resterà negli annali per l'incredibile parata di stelle e la lodevole performance del Corpo di Ballo meneghino.

Non nuovo a questa formula per aver ospitato il Gala Nureyev nel 2002, il Gala Internazionale delle Scuole di Balletto nel 2003 e il Gala Béjart a settembre 2004, l’Ente scaligero con la "vetrina" decembrina ha voluto organizzare una festa della danza e offrire, come dice Fréderic Olivieri, direttore del Corpo di Ballo, "un momento magico in cui si trovano a convivere stili spesso lontani e anche modi opposti di restituire la stessa cifra accademica".

Per tre ore consecutive, scandite da altrettanti intervalli, i coreuti si sono cimentati in alcuni fra i più virtuosistici pezzi classici e contemporanei, hanno presentato Salomè, l'ultima creazione di Gheorghe Iancu, e proposto in prima italiana la ripresa di Marguerite and Armande, il celebre dancedrama creato nel 1963 da Frederick Asthon per Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev. Ad aprire questa indimenticabile serata è stata la brava Marta Romagna, prima ballerina del Teatro Piermarini, che insieme a quattro solisti ha ballato l'Adagio della rosa del primo atto della Bella Addormentata di Cajkovskij, nella versione ideata da Nureyev per la Scala nel 1969. E se questo incipit sottolinea il tributo a tutta una tradizione tardo-romantica, è stato anche un esplicito omaggio al genio del "tartaro volante", il cui ricordo è come un marchio indelebile nel repertorio scaligero.



Brazzo-Zeni: Lo schiaccianoci
Brazzo-Zeni: Lo schiaccianoci

Sempre i tersicorei milanesi hanno portato in scena un altro Cajkovskij, il pas de deux dal primo atto e il successivo Valzer dei Fiocchi di neve dello Schiaccianoci, coreografato da Nureyev nel 1980 per il teatro meneghino. Sabrina Razzo e Mick Zeni hanno dato vita ad un liricissimo passo a due e di grande effetto è stato il Valzer con le braccia delle ballerine che si muovevano come trasportate dal vento.
E se alcuni elementi del Corpo di Ballo hanno dato il via al Gala, la compagnia nel suo insieme lo ha chiuso con l’Apoteosi, il Quadro XI dell’Excelsior, il "ballo grande" di Luigi Manzotti, Romualdo Marengo e Alfredo Edel, nato nel 1881 alla Scala e oggi riproposto in un ideale ricongiungimento fra il 'vecchio' e il 'nuovo' Piermarini. Presentato nella versione di Ugo Dall'Ara datata 1967, questo mega-balletto rispecchia il clima di fiducia della Milano dei Lumi di fine Ottocento con la simbolica vittoria della Luce sull'Oscurantismo. Nell'Apoteosi si assiste al trionfo della Civiltà (Sabrina Brazzo) e della Luce (Gilda Gelati), che danzano con lo Schiavo (Alessandro Grillo) in un tripudio di bandiere, diagonali in piquet di ussare e bersagliere con tanto di piuma, messaggi di amore e fratellanza. Pur riconoscendo a questo "ballo grande" una sua legittimità storico-coreografica, tuttavia la ridondante kermesse del Quadro XI strideva con i pezzi presentati in precedenza, tutti all'insegna di esasperati virtuosismi e grande liricità.  


Corpo di ballo: Lo schiaccianoci
Corpo di ballo: Lo schiaccianoci

 E i primi protagonisti di questa atmosfera da fuori classe sono stati due talenti del Marinskij-Kirov di San Pietroburgo scesi "in terra a miracol mostrare". Veri e propri "enfants prodige" – diciannove anni lei e ventuno lui – Alina Somova e Leonid Sarafanov hanno lasciato gli astanti senza fiato di fronte all'esecuzione del passo a due da Il Corsaro di Petipa su musica di Drigo. Ha colpito soprattutto la facilità con cui questi dancers, per la prima volta in coppia, hanno eseguito le rispettive variazioni. Basti dire che applausi a scena aperta hanno accompagnato i perfetti e sicuri trentaquattro fouettés di lei e gli incredibili manèges di lui, dotato di una leggerezza e di un ballon straordinari.

Ma la "grande madre" Russia ha regalato un altro prodigio con Ul'jana Lopatkina che ha presentato La morte del cigno, l'assolo che Fokine creò su musica di Saint Saens per Anna Pavlova nel 1907. Star del Marinskij-Kirov e vincitrice del premio "Danza&Danza" 2004, Ul'jana ha dato a questa morte un'intensità drammatica fuori dal comune, mostrando con i fremiti e gli spasmi del corpo l'inesorabile fine del candido volatile. E se alle lunghe gambe dell'artista poco concede la coreografia, tutto il 'dettato' si concentra sulla parte superiore del corpo, compresa la testa e il collo che compiono gli scatti tipici del respiro in grave affanno. Le flessuosissime braccia della Lopatkina, trasformate in grandi ali, hanno accompagnato con i loro battiti lo straziante congedo dalla vita del cigno e alla fine il loro ripiegarsi sul busto e sulla nuca, scossi da un estremo singulto, ha lasciato un incombente senso di morte. Mimesis e pathos sono stati così intensi che, una volta terminata l'esecuzione, il pubblico è rimasto attonito e solo dopo alcuni secondi, liberatosi dal timore di profanare l'incanto 'lopatkiano', è riuscito ad esternare il proprio entusiasmo con applausi scroscianti.
 

Guillem-Murru: Marguerite and Armand
Guillem-Murru: Marguerite and Armand

Continuando il tributo a Fokine e ai leggendari Balletti Russi di Diaghilev, l’étoile argentina Massimiliano Guerra e Gilda Gelati, prima ballerina scaligera, hanno danzato il romantico Le spectre de la rose di Fokine. Un balletto nati nel 1911 per Vaslav Nijinskij e Tamara Karsavina su Invitation à la valse di Weber. Reverie amorosa, Le spectre de la rose racconta di una fanciulla che, tornata da una festa con una rosa in mano, aspirandone il profumo sogna di vedere materializzarsi il suo ideale maschile nelle sembianze dello Spettro della rosa. Questo, nell'originalissimo costume di Léon Baskt, entra in volo dalla finestra e balla intorno alla giovane compiendo prodigiosi salti, la circuisce e volteggia con lei fino riadagiarla sulla poltrona e scomparire con un salto dalla finestra. Risvegliatasi, la fanciulla scorge la rosa e raccogliendola l'accarezza al ricordo del suo vissuto onirico. Gilda Gelati è stata una fanciulla languida e trepidante, Guerra ha dato una bella impronta sensuale e maschia alla proiezione dell'ideale maschile della fanciulla ma, nei salti, è apparso un po' troppo pesante per essere lo Spetto della rosa.

Apoteosi della fisicità terrena e della maestria tecnica è stato invece il Grand Pas de deux dal terzo atto del Don Chisciotte, nella versione scaligera di Nureyev del 1966, ballato da Tamara Rojo del Royal Ballet e José Manuel Carreno dell'American Ballet Theater. Eseguito nel tradizionale suddivisione di adagio, variazioni e coda finale, questo Grand pas classique su musica di Minkus è un notevole pezzo di bravura che ha mandato in visibilio platea, palchi e loggione, quando la Rojo ha eseguito i classici trentaquattro fouettés, con doppia piroette sul quarto fouetté, e Carreno si è librato nell’"aere" con i suoi portentosi manèges, il doppio cabriole en arrière e i magnifici tours en l’aire à la seconde.

Le étoiles scaligera, Roberto Bolle, e Greta Hodgkinson del Balletto Nazionale canadese, hanno eseguito un superbo passo a due da Petit Morte di Jirì Kyliàn, un lavoro creato dal coreografo ceco nel 1991 su musica di Mozart per il Nederland Dans Theater. Nel sensualissimo duetto – "Petit morte" in francese significa orgasmo – i corpi si intrecciavano, si aggrovigliavano, si respingevano, sprigionando una voluttà infinità e mettendo in luce superbe doti fisiche e tecniche. Greta, in pagliaccetto rosa, e Roberto, in calzoncini dello stesso colore, battagliavano senza posa e il linguaggio, di matrice classico-contemporanea, è risultato fra i nitidi e al tempo stesso potenti. La Hodgkinson è stata perfetta nel concedersi e ritrarsi, Bolle è apparso in tutta la sua disarmante apollinea bellezza di segno michelangiolesco.

Per colei che è stata una vera icona del Teatro alla Scala, Luciana Savignano, il coreografo Gheorghe Iancu ha creato Salomè, un balletto dal sapore biblico su musica di Richard Strass e i costumi di Luisa Spinatelli. In un intrigante gioco di veli rossi, tenuti dagli allievi della Scuola di Ballo scaligera, la Savignano appariva e spariva come travolta dalle onde della lussuria, mentre Iancu, redivivo Giovanni Battista, faceva la sua carismatica comparsa. Pièce drammatica, Salomè è tutta incentrata sulla figura della danzatrice milanese che, fasciata da una trasparente tuta di pizzo nera, ha dato una grande lezione di stile.

Evento nell'evento è stato Margherite e Armande di Frederick Asthon. Messo in scena per celebrare il centenario della nascita del coreografo inglese, il balletto ha visto la presenza di Antony Dowell, famoso ballerino e già direttore del Royal Ballet, nel ruolo del Padre di Armand. Accanto a questo nome culto della danza, il Corpo di Ballo meneghino ha attorniato l’étoile scaligera Massimo Murru e la guest star Sylvie Guillem del Royal Ballet, che debutta alla Scala nelle vesti dell'eroina di Dumas. A lei va il merito di aver richiamato in vita nel '97 con la prestigiosa compagnia britannica la fabula di Asthon dopo anni di inspiegabile silenzio. Costituito da un prologo e quattro quadri, Marguerite and Armande è una pièce in un atto ispirata a La signora delle camelie di Alessandro Dumas figlio, su musica di Listz (La lugubre gondola del 1883 e Sonata in sì minore del 1854), scene costumi di Cecil Beaton.

La storia è ripercorsa alla "maniera verdiana" con un lungo flashback che nel "Prologo" (il Preludio della Traviata con il ritratto musicale della febbricitante Violetta) vede la giovane donna malata e distesa sul divano. Nel deliro immagina di vedere Armando che entra in scena e danza un lungo assolo, mentre lei si avvia ricordare le tappe di questa travolgente passione. Nel quadro de "L'incontro" la dame aux camélias, vestita di rosso, è circondata dai suoi amanti, in particolare il duca. Qui fa la sua comparsa Armando e i due, spinti da una forza incoercibile, danzano un passo a due che segna il nascere del loro amore. Ne "La campagna" un altro conturbante pas de deux li vede sempre più uniti, e se nella sala cittadina i colori erano accesi, ora quelli pastello della casa e il candido abito di lei rendono giustizia alla tenerezza ma anche alla purezza di un amore disinteressato e appagato. L'improvviso arrivo del Padre di Armand è l'ombra nera che spezzerà l'incanto. Margherita lascerà il suo amato come le chiede il genitore imperioso e distante. Ne "L'insulto" siamo di nuovo nella cornice ricca e festante della ville lumière e la protagonista, vestita di nero e fisicamente sofferente, è di nuovo etera al fianco del Duca. Si presenta Armand e tutto precipita. Sconvolto da un incontrollabile furor amoris le strappa la collana, la investe con un manciata di banconote stile Traviata e l'allontana in malo modo. La donna sola e abbandonata se ne va, dopo aver intravisto il Padre. Ne "La morte della Signora delle camelie", si ritorna all’inizio con lei esangue sul divano. Armando corre disperatamente tra le sue braccia per stringerla al petto ancora una volta e assisterla nella sua tragica dipartita.

Marguerite and Armande è un "ballet d’action" costruito a regola d'arte in cui la coreografia, di stampo accademico, non scade mai nel patetico e l'allestimento 'asthoniano' eccelle per le simboliche sfumature cromatiche, l'ariosità e l'eleganza delle scene e dei costumi, l'essenzialità pregante del décor. Non stupisce che al suo apparire a Londra nel lontano '63 sia stato salutato come una capolavoro, e non soltanto per la presenza della Fonteyn e di Nureyev. Agli inizi del terzo millennio è stato finalmente possibile rivederlo e i protagonisti di oggi sono stati formidabili. L'apparizione di Dowell ha dato quel tocco di maestria in più, mentre Sylvie e Massimo non hanno sfigurato al confronto con le leggendarie icone di Margot e Rudy, consegnando alla storia una coppia altrettanto intensa e convincente. Murru ha fatto suo Armand, sfoderando una portentosa tecnica classica alla quale ha aggiunto un'interpretazione degna del metodo Stanislavskij. E se nell'apparizione a Margherita malata è stato leggerissimo, puro spirito, nelle scene di vita ha operato un netto cambiamento mostrandosi prima innamorato, poi violento, infine disperato quando, con una spettacolare entrata alla 'Nureyev', lancia dietro di sé il mantello e corre al capezzale dell’amata. E nell'implosione del dolore, degna di un eroe romantico, vive il turbamento dell’ultima carezza di lei e le chiude gli occhi con un gesto dolcissimo.

La Guillelm non è stata da meno nel palesare la metamorfosi di Margherita da cortigiana a donna profondamente innamorata, che non esita a sacrificarsi. Leziosa, provocante, quando è corteggiata da uno stuolo di gentiluomini, diventa delicata e al tempo stesso passionale nel bellissimo duetto della casa di campagna, fuori di sé nel momento in cui strascica le punte sul pavimento dopo il colloquio con il Padre. Vera "danzattrice" e non solo algida e perfetta esecutrice di passi, l'étoiles parigina ha stupito per la maturità interpretativa con cui ha saputo cogliere gli stati della Signora delle camelie e magistrale è apparsa nell'ultimo struggente e "infiammato" pas de deux prima di crollare a terra sfinita.

Doveroso segnalare, prima dell'inizio dello spettacolo, il minuto di silenzio con il quale il Teatro alla Scala ha voluto ricordare le migliaia di vittime dello tsunami del 26 dicembre 2004.



Gala des étoiles
cast cast & credits
 

Somova-Sarafanov: Il corsaro
Somova-Sarafanov:
Il corsaro


Marta Romagna: La bella addormentata
Marta Romagna: La bella addormentata




Brazzo-Grillo-Gelati: Excelsior
Brazzo-Grillo-Gelati:
Excelsior



Carreno-Rojo: Don Chisciotte
Carreno-Rojo:
Don Chisciotte

 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013