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I fotografi che illustrarono il mondo

di Silvia Persiani
  Fratelli Alinari, fotografi in Firenze.
Data di pubblicazione su web 25/08/2004  
La mostra Fratelli Alinari, Fotografi in Firenze, rappresenta a buon diritto un importante evento culturale. Vengono ripercorsi gli ultimi 150 anni di storia della fotografia, attraverso le tante immagini degli Alinari - oltre seicento: forse un po' troppe! - che sono state montate secondo un criterio e cronologico e tematico.

L'itinerario si dispiega attraverso numerose sale, i cui pavimenti, secondo l'idea scenica di Giuseppe Tornatore, riproducono una foto emblematica, dando all'osservatore l'impressione di essere avvolto nel bianco e nero o nel seppia delle stampe. A colori il pavimento dell'ultima sala, l'unica dedicata alla raffigurazione della contemporaneità: vi sono poche stampe che propongono il grigiore della Milano industriale, ovvero della città contemporanea, ed insieme i colori di una recuperata campagna umbra e toscana, ovvero il desiderio di Natura.

L'essenzialità con la quale si risolvono gli ultimi cinquant'anni, anche se un po' stride rispetto all'analiticità degli spazi precedenti, sembra indicare che la fotografia, pur continuando ad essere segno d'arte, come strumento della trasmissione del reale è stata oramai superata dalle rapide tecnologie multimediali. A conclusione del percorso, la ricostruzione della sala di posa dell'attivissimo atelier fiorentino.

La fotografia, applicazione tecnica di una specifica grammatica ed al tempo stesso interpretazione della realtà, vive in continua osmosi con il clima culturale nel quale nasce e si sviluppa. Ecco allora che durante la visita siamo indotti a seguire più percorsi. Esiste l'itinerario storico dell'atelier dei Fratelli Alinari, che operano a Firenze dal 1852, ma anche il percorso della storia che questi raffigurano: la realtà italiana dal Granducato ai nostri giorni, attraverso il Risorgimento, la Monarchia - con i suoi eroi ed i suoi politici immortalati -, la Firenze capitale e le immagini della Nuova Italia, testimoni di uno specifico nazionale. Le fotografie dedicate alla 'nazione' da un lato raffigurano la grandezza del passato italiano, già idealizzato dalla cultura risorgimentale - le rovine della Roma imperiale, le città medievali, la pittura rinascimentale -, e dall'altro la realtà contemporanea di un giovane stato. Relativamente alla Nuova Italia, le riprese del Sud risentono di una poetica del realismo, ma necessariamente propongono una realtà 'in posa', che cristallizza e al tempo stesso alimenta il pregiudizio su un meridione come luogo dell'arte d'arrangiarsi e del vivere alla giornata.

Il punto di vista a nostro avviso più interessante, attraverso il quale decifrare le sale della mostra, è quello che consente una lettura 'europea' dell'attività dei fotografi fiorentini. Allora scopriamo che l'arte italiana esportata all'estero è stata filtrata dall'obiettivo Alinari; che tra i committenti di stampe dell'arte rinascimentale esiste quel John Ruskin, padre dell'estetismo di fine secolo, che commissiona la rappresentazione degli affreschi del Botticelli della Cappella Sistina. Inoltre, attraverso i ritratti dei lavoratori del meridione e le rappresentazioni che richiamano i temi macchiaioli, i fotografi fiorentini sembrano inserirsi nel dibattito sul rapporto tra fotografia e letteratura, tra naturalismo-verimo e simbolismo; e attraverso immagini di una sofferenza 'composta' attingono a più istanze, rendendo evidente che ogni realismo nasce poi da un'interpretazione, anche tecnica, per la quale il reale è quello che il soggetto interpreta come tale. A coronamento di questa osmosi con la cultura europea si colloca la partecipazione alla Esposizione Universale di Parigi del 1855, ed il conferimento della medaglia d'oro all'Atelier Alinari.

Ma l'appassionato di fotografia può utilizzare anche il punto di vista delle tecniche e della loro evoluzione. È attratto dalle grandi macchine fotografiche d'epoca, dai grandi obiettivi grandangolari montati su legno, dallo spettrografo, dai macchinari per la stampa e dagli altri strumenti che rendono visibile come l'arte della fotografia sia stata, nel corso del XIX secolo, decisamente pionieristica. Seguendo questo percorso si vive il passaggio dai dagherrotipi alle lastre impresse. E diventa senz'altro interessante andare aldilà della bellezza delle stampe, che fa dimenticare la rudimentalità dei primi tentativi, e comprendere come le immagini fantasma di uomini e carri, dinanzi ai monumenti immortalati, siano determinate dai lunghissimi tempi di esposizione della lastra, dovuti alla qualità delle antiche emulsioni. La stampa veniva poi effettuata utilizzando la luce del sole. E a testimoniare questo meccanismo, tanto lontano dalla rapidità dello sviluppo delle immagini digitali, ecco le foto dei grandi lucernari dell'Atelier di via Nazionale, fonti naturali di luce.

Si apprezza, poi, la predilezione degli Alinari per la ripresa a tutto campo, maggiormente monumentale, e la scelta estetica di eliminare le distorsioni della ripresa in asse attraverso il basculaggio, il che li caratterizza rispetto ai fotografi europei più significativi della seconda metà dell'Ottocento. Colpisce, inoltre, lo sforzo di utilizzare lastre di grandissime dimensioni per ottenere una sempre più efficace definizione dell'immagine: nella camera oscura ricostruita, al centro di una delle sale, lo spettatore può verificare l'imponenza di questi materiali. Per i fotografi fiorentini studiare il campo equivaleva a comporre uno spazio scenico, anche quando l'oggetto era rappresentato da un paesaggio naturale o d'arte: ecco, collocate a mo' di quinta, la gondola nelle raffigurazioni di Venezia o le figure passanti, che rafforzano la prospettiva della terza dimensione. Il gusto per la messa in scena diventa raffinato e quasi virtuosistico nella ripresa dei luoghi del lavoro e della istruzione della Firenze dei primi del Novecento: emblematica, sotto questo profilo, la sistemazione scenica delle Poggioline.

Si esce dalla mostra un po' stremati, ma con la convinzione che il lungo itinerario valeva la pena di essere percorso. Anzi, addirittura, si desidera abbandonare la macchina digitale e recuperare la vecchia reflex, i vecchi obiettivi soprattutto grandangolari, tornare a sperimentare i tempi di esposizione e le profondità di campo, preferendo agli automatismi la tecnica e lo studio dello spazio, che i fotografi fiorentini ci hanno trasmesso come elogio della lentezza.


Fratelli Alinari, fotografi in Firenze. 150 anni che illustrarono il mondo. 1852/2002

Palazzo Strozzi 2 febbraio - 2 giugno 2003
 
 

 

Curatori
Arturo Carlo Quinta Valle, Monica Maffioli

Progetto scientifico
Fondazione Fratelli Alinari per la Storia della Fotografia

Ideazione scenografica
Giuseppe Tornatore

Progetto dell'allestimento
Luigi Cupellini

Produzione/realizzazione
Firenze Mostre


Sito ufficiale
 

Napoli, Mercato a Porta Capuana, 1900 circa. Archivi Alinari-© Fratelli Alinari Firenze
Napoli, Mercato a Porta Capuana, 1900 circa. Archivi Alinari-© Fratelli Alinari Firenze



 
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