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Il magnifico fallimento

di Michele Manzotti
  Malcolm McLaren
Data di pubblicazione su web 30/10/2004  
Da tempo gli anni '80 sono protagonisti nel dibattito culturale italiano. A partire dalla mostra Week-end postmoderno, allestita alla Stazione Leopolda di Firenze nel febbraio 2002 (curatori Bruno Casini, Giancarlo Cauteruccio, Ernesto De Pascale, con il catalogo pubblicato da Aida) alle iniziative a Correggio per lo scrittore Pier Vittorio Tondelli, ai libri su Bologna e Firenze (quest'ultimo dal titolo Frequenze Fiorentine) in quegli anni editi da Arcana nella scorsa primavera. Ma quel periodo ha un'origine chiara nell'Inghilterra dell'ondata punk, e Malcolm McLaren (presente a Firenze alle iniziative di Pitti Immagine Uomo), ne è stato l'indiscusso artefice grazie al lancio dei Sex Pistols. Un gesto che fece epoca e che pose la cultura giovanile, dopo gli anni dei Beatles, degli Stones e del rock progressivo, in netto antagonismo con tutto ciò che era convenzionale. Il documentario The Great Rock'n'Roll Swindle (La grande truffa del Rock'n'Roll) lo mostrava sornione mentre attorno a lui le sue creature musicali scioccavano l'Inghilterra e il mondo. Sono passati gli anni, ma l'espressione di McLaren rimane la stessa, quella di una persona che ha saputo cavalcare le mode e utilizzarle a suo piacimento.

La curiosità di molti è quella di sapere come mai decise di far nascere il fenomeno Sex Pistols rompendo uno schema musicale e culturale ben definito. 
''Ero uno studente d'arte negli anni '60: in quel periodo la parola carriera era fuori dal nostro dizionario, come ci dicevano i nostri stessi professori. Era un enigma, lontana dalla nostra concezione. Pensavamo invece alla parola avventura. Come ambizione massima infatti potevi solo pensare a un'avventura che potesse cambiarti radicalmente la vita. Studiavi, che ci si possa credere o no, per raggiungere un magnifico fallimento''.

Un ''magnifico fallimento''? 
''Sì. Per l'educazione che ci avevano dato, era molto meglio sperare in un fallimento eclatante, brillante, che un successo banale. Uscito dalla scuola, negli anni '70 nelle strade di Londra mi chiedevo come fare a raggiungere questo magnifico fallimento. Notavo che c'era un forte senso di rabbia, forse perché non c'era più la sensazione di poter controllare la cultura e il modo di vita delle persone, come era successo nel decennio precedente. Girava molta droga, non sapevamo cosa fare e dove andare. Quindi feci un gesto bizzarro: decisi di mettermi un vestito alla moda di Elvis (copiandone il look da una copertina di un disco) andando in giro per la King's Road di Chelsea, e sperando che qualcuno letteralmente mi potesse prendere e tirare dentro un'avventura. Feci tutta la strada, ma pensavo di avere scelto il giorno sbagliato: era novembre, pioveva, e per strada non c'era quasi nessuno. Altro che avventura''.


Sex Pistols


E come è andata?
''Benissimo, perché proprio alla fine della strada improvvisamente comparve un uomo che mi offrì di rilevare un piccolo negozio, poco più di un buco nel muro. Me lo mostrò e disse che potevo andare lì e fare quello che volevo. Era come un sogno: entrai in quel posto (che oggi è molto conosciuto) e da allora è iniziata la mia vita. Con la mia ragazza Vivienne Westwood (che allora era maestra di scuola e oggi stilista di grande fama) iniziammo a occuparci di moda, come in fondo avevo studiato durante la scuola. Ma non lo facemmo in modo tradizionale. Anzi pensavamo a qualcosa che potesse essere ''contro'', come vestirsi in maniera totalmente sgradevole. La bruttezza doveva essere un fatto meraviglioso, così potevo pensare al mio fallimento in modo eclatante! Trovai con il tempo dei giovani che venivano nel mio negozio, lo trovavano attraente perché strano e differente da ogni altro punto vendita; a modo mio capii che volevo aiutare queste nuove generazioni. Nella mia concezione non potevano essere buoni, perché avrebbero raggiunto un successo banale. Dovevano essere cattivi, suonare e vestirsi male, essere irresponsabili e infantili, senza alcun rispetto per nessuno. I Sex Pistols erano la perfetta incarnazione di questo. Sponsorizzai questa idea di gruppo che si doveva mostrare e suonare in modo sgradevole. Questo atteggiamento 'contro' si impose e alla fine ho fatto in modo che diventasse un fenomeno di moda, non solo musicale, e l'ho imposto alle grandi aziende. Soprattutto il magnifico fallimento servì a quella generazione a non aver più paura, tutto era diventato possibile, che poi era l'estetica del punk rock''.  

D'altra parte le 40mila sterline ottenute dalla Emi come anticipo di un disco furono un grande risultato…
''Assolutamente. Riuscimmo a fare capire che chi ti dava soldi non doveva per forza importi le sue visioni e le sue idee. Anzi, la situazione si era capovolta''.

I successivi anni '80, influenzati in parte da questo fenomeno, oggi sono diventati ''classici'' come il decennio precedente. Nelle classifiche musicali troviamo addirittura covers di successi del periodo. Come lo spiega?
''Bisogna sottolineare che proprio negli anni '80 la tecnologia per la prima volta è entrata nel mondo della cultura. Un fatto che ha contribuito ad avere da parte dell'artista un atteggiamento molto più pragmatico. In quel periodo la cultura e la musica hanno incontrato l'immagine, e d'altra parte proprio in quel periodo nascono i videoclips e fenomeni come Mtv. L'oggetto culturale, la canzone poteva essere ''impacchettata'' per essere venduta. Proprio per questa caratteristica c'è stato un netto cambiamento di atteggiamento: si è pensato a fare soldi, cosa che nei decenni precedenti era meno pressante, anzi il fatto spesso e volentieri non veniva nemmeno preso in considerazione. Per la prima volta industria e artisti si sposano e la cultura di un certo livello scende a compromessi perché diventi più commerciale''.

Un cambio di mentalità radicale…
''Sì, ma c'è anche da ricordare come gli '80 videro la nascita i videogames e la rivoluzione digitale. Le nuove generazioni iniziano a crescere con il computer e la sensazione della cultura è totalmente differente: è pragmatica e tesa verso il futuro. La tecnologia dava la sensazione di controllare finalmente la cultura, cosa che (come ho ricordato prima) si era persa negli anni '70. Poi l'arte diventava un fatto di moda: a New York scoppiava la trash art. Non si creavano idee, si creavano prodotti. Quegli anni hanno di fatto sancito la fine della figura dell'intellettuale. Se ci pensate bene è stato l'inizio di ciò che accade oggi, con tutte le sue ripercussioni''. 


 

Malcolm McLaren
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Malcolm McLaren





 
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