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Il corpo dell'attrice

di Francesca Simoncini
  eleonora duse
Data di pubblicazione su web 01/05/2002  
"Una vita che pare fatta di cocci". Così, in una delle tante folgoranti sintesi che scandiscono il ritmo della sua prosa epistolare, scriveva Eleonora Duse, esasperata dalle incertezze e dal disordine costitutivi del suo mestiere di attrice. Recuperare i "cocci", i segni materiali di una vita franta, dislocata, forzatamente centrifuga e dotarli di pregnante significato simbolico sono stati l'impegno e la scommessa dei curatori della mostra Divina Eleonora, inaugurata alla Fondazione Cini di Venezia il 30 settembre 2001. Quei "cocci", reperti preziosi investiti del difficile compito di rievocare l'essenza di un'anima inquieta e il segreto di un'arte indecifrabile, sono oggi l'unica superstite traccia visiva su cui poter fissare lo sguardo. Questa probabilmente la chiave di lettura del 'teatrale' allestimento di Pier Luigi Pizzi che conferisce forte rilievo connotativo alle cose, collocandole in uno spazio dove l'uniformità cromatica delle sale parate di nero e l'esplicita rinuncia ad un ordinamento, cronologico o tematico, del materiale suggeriscono un'ambientazione priva di tempo e di confini, funzionale all'esaltazione di un'arte intramontabile e di un'esistenza itinerante.

Le foto esposte, tante - ma in realtà soltanto una piccola parte dello sterminato archivio della Fondazione che ne raccoglie più di mille -, sono scenograficamente disposte in formato gigante sulle pareti o paratatticamente accostate su tavoli e racchiuse in raffinate cornici di stoffa Fortuny. Le immagini, che colgono l'attrice - sempre da sola - indifferentemente ritratta in pose di scena o in atteggiamenti quotidiani, carpiscono le infinite, intense, sapienti sfumature dell'espressione del volto e, libere dalla coercizione di un intento classificatorio, non si curano di mescolare o di confondere, in un susseguirsi che procede per accumulo, le fasi e le stagioni della vita di Eleonora, accomunate da un unico evidente tratto pertinente: l'isolamento e la solitudine dell'artista.

Insieme a queste gli abiti ricchi, raffinati, costosissimi, indossati sulla scena e nella vita, parlano di una corporeità invano riproposta dai candidi manichini che temporaneamente li vestono riproducendo, per via allusiva, i gesti e le fattezze incanutite dell'attrice. Disseminati entro un percorso che ne ribadisce la costante presenza questi larvali simulacri cercano di affermare, mediante un'iterazione quasi ossessiva, il senso di un'arte, di una vita, di un corpo sfuggente e finiscono invece per incarnare, proprio per il loro replicarsi, l'horror vacui destato da una mancanza, da un'assenza, questa, sì, reale, unica. Dei venticinque abiti in mostra, quasi tutti di proprietà della Fondazione, solo due, provenienti dal Museo Civico di Asolo, sono costumi di scena, probabilmente utilizzati per le rappresentazioni della Donna del mare di Ibsen e del Così sia di Gallarati Scotti.

Ancora oggetti, disparati, piccoli, grandi, mai anonimi, sono collocati all'interno di una sezione che ricostruisce cinque camerini bianchi, affiancati in sequenza seriale e scenicamente ambientati. Gli oggetti, appoggiati sul pavimento o sopra i tavoli sormontati da grandi specchi, sono quelli che accompagnavano Eleonora nelle sue tournées (il baule, le valigie, le scarpe, il servizio da tè, i copioni, i documenti), quelli che denunciano le sue manie (i ritratti di Ibsen e di Shakespeare, suoi numi tutelari o la bilancia, riferimento al suo segno zodiacale), quelli di uso quotidiano (guanti, occhiali, libri), quelli che divenivano attrezzi del mestiere (i ferri da calza della Signora Alving o l'ombrellino di Ellida) e che l'attrice sapeva trasformare in amuleti eloquenti, strumenti animati con cui riempire i vuoti di una recitazione cadenzata da improvvise pause.

Servendosi del senso di coinvolgente fascinazione riconsegnato a queste cose (molte delle quali, prestate dal Museo Civico di Asolo, andranno a formare una sezione del Museo dedicata espressamente alla Duse) Pizzi, nel suo allestimento, sembra voler colmare il vuoto lasciato dalla scomparsa del corpo dell'attrice, restituendoci di lei un'esistenza reificata da cui emergono tessuti di vita vissuta.

Lo sguardo d'insieme, indotto dalla suggestiva esposizione scenografica, rischia di non fissarsi sui singoli elementi che in molti casi portano le firme di autori illustri quali quelle di Mario Nunes Vais, Giuseppe Primoli, Edward Steichen, Arnold Gente e Aimé Dupont per le fotografie, di Mariano Fortuny e Jean Worth per gli abiti, di Gordon Craig per i bozzetti delle scene per Elektra di Hugo von Hofmannstahl (dieci i disegni autografi prestati dalla Biblioteca Nazionale di Parigi), di Alessandro Volkoff, Eduardo Kaulbach e Edoardo Gordigiani per i ritratti a olio. Se ne dorranno, forse, gli addetti ai lavori, desiderosi di poter godere del pezzo raro o del documento inedito debitamente evidenziato e catalogato, ma se ne potranno avvantaggiare i visitatori comuni, immessi in uno spazio mosso e articolato, modellato sull'intenzione, non sempre per la verità compiutamente realizzata, di evocare una donna dalla straordinaria personalità artistica.

Integra e completa la mostra il bel catalogo, ricco di centocinquanta fotografie, edito da Marsilio che, in linea con il taglio dato all'esposizione, rinuncia all'adozione di un criterio tassonomico e privilegia una visione sintetica, ma articolata del lavoro dell'attrice. Apprezzabile dunque lo sforzo di ricostruire, attraverso l'apporto di vari autori, le coordinate multidisciplinari entro cui inserire le griglie interpretative per analizzare un'arte da declinare al plurale. Pur senza la pretesa dell'esaustività è possibile trovare qui affrontati tutti quegli aspetti che, solo allusivamente toccati nel percorso proposto dalla mostra, hanno costituito le basi su cui si è innestata la tecnica attoriale di Eleonora: la rielaborazione drammaturgica operata sui copioni, il significato simbolico delle scenografie, l'osmosi artistica con D'Annunzio, l'importanza dei costumi, il valore del rapporto con la fotografia.

Agli studiosi di teatro raccomandiamo il cd-rom  prodotto dalla Fondazione in occasione della mostra, un catalogo informatico di settecento immagini che costituisce una ragguardevole selezione dei documenti conservati nei Fondi dell'Istituto per le lettere il teatro e il melodramma (fotografie, lettere, copioni, oggetti personali, abiti).


Divina Eleonora. Eleonora Duse nella vita e nell'arte

Mostra alla Fondazione Giorgio Cini
 
 


Venezia
Isola di San Giorgio Maggiore
30 settembre 2001 - 6 gennaio
2002


Ideazione e progettazione dell'allestimento
Pier Luigi Pizzi

Coordinamento generale della mostra e del catalogo
Maria Ida Biggi

Per informazioni
Ufficio Stampa
tel. 041 5205558 / 2710202
fax 041 5238540

e-mail



> Il sito web della Fondazione Cini







Eleonora Duse, ritratto
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Eleonora Duse, abito

 
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