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Hopkinson Smith in concerto. Musica per il cuore

di Giovanni Fornaro
  Hopkinson Smith
Data di pubblicazione su web 24/05/2004  
A "Mousikè - V Festival di Musica Antica del Mediterraneo", allestito dal Centro di Ricerche Musicali "Casa Piccinni", dal Centro Studi Mousikè e dal Conservatorio "N. Piccinni" (dal 13 al 30 maggio in vari luoghi tra Bari, Gioia del Colle e Monopoli), il fulcro è costituito certamente dal concerto per liuto solo di Hopkinson Smith, dall'evocativo titolo Mirth and Melancholy. Luci ed ombre del liutista John Dowland, tenutosi il 16 maggio presso il palazzo comunale di Gioia del Colle. Il direttore artistico del Festival, Dinko Fabris, egli stesso docente di liuto presso il conservatorio barese, non fa mistero dell'ammirazione che nutre nei confronti del musicista statunitense il quale, insegnante presso la prestigiosa "Schola Cantorum" di Basilea, è in effetti il massimo esperto vivente del suo strumento.


 

Hopkinson Smith



Figura singolare ed enigmatica, quella di Smith si colloca a metà tra l'ascetico maestro e l'esecutore-artista, così attento alla filologica interpretazione delle fonti da andarle a reperire direttamente presso i luoghi originali di conservazione, siano essi gli antichi scriptoria medievali delle abbazie europee che le biblioteche di mezzo mondo. Senza mai dimenticare che la performance è destinata a fruitori contemporanei, non ai cortigiani di mezzo millennio fa. Si chiariscono così alcuni elementi stabili delle sue esecuzioni: la necessità di pervenire ad un'adeguata concentrazione psico-fisica; l'idiosincrasia per la presenza dei media più 'invasivi' (tele e fotocamere) durante i concerti; l'elegante e sempre lieve cappello introduttivo ai vari brani, tendente non tanto ad introdurre il pubblico verso una maggiore conoscenza dei fatti, dei luoghi, dei personaggi che stanno all'origine del pezzo, quanto a stabilire un'atmosfera, ad astrarre i presenti dal momento contingente per consentire loro una percezione diretta, meno mediata e più immediata, dell'arte musicale antica.

Smith ha scelto, per questa tappa italiana della sua lunga tournée, di rendere conto non già delle sue interpretazioni più note – come le pluripremiate trascrizioni per liuto delle sonate e partite per violino solo di Johann Sebastian Bach, ad esempio – bensì di una personalità interessante e contraddittoria come quella dell'inglese John Dowland, vissuto tra il 1562 e il 1626 e attivo in molte corti europee (fu anche in Italia, soprattutto a Venezia) non solo come strumentista ma anche quale fine compositore. Personalità poliedrica, Dowland riunisce in sé le capacità di un vivo virtuosismo, l'intima tensione lirica e la profondità psicologica di un animo inquieto – in cui probabilmente Hopkinson Smith ritrova più di un tratto comune alla propria esperienza artistica e umana – traducendoli in creazioni ora raffinate e articolate, d'influenza madrigalistica, ora in strutture più semplici e di chiara matrice extracolta, popolare.

In una sala comunale gremita (molti hanno preferito accomodarsi per terra, proprio dinanzi all'esecutore) Smith ha presentato delle composizioni non solo di Dowland, accorpate in gruppi di tre-quattro songs per ragioni, crediamo, di omogeneità interna o di comune destinazione. Ai piacevoli Gagliarda, Fantasia e Mad dog di Anthony Holborne, contemporaneo di Dowland, è seguito un trittico dowladiano equilibrato sulla Lachrimae Pavin, una struggente composizione del 1604 originariamente scritta per viola e liuto e che fa parte di una nota raccolta di pavane, denominata appunto Lachrimae. Di rilievo il successivo A Fancye, per l'ardita figurazione contrappuntistica che, ad un ascolto svincolato dagli aspetti visuali, potrebbe far credere allo spettatore di ascoltare due liuti: l'intreccio delle linee melodiche è così complesso che davvero solo un virtuoso come Smith può lasciare questa composizione tersa e lirica come le intenzioni originali dell'autore, con tutta probabilità, richiedevano.

 


Hopkinson Smith

Sono seguiti Tre Retratti Femmenille dedicati a Lady Clifton (gagliarda), alla "Mia Barbara" (pavana) e alla regina Elisabetta I, con un'altra gagliarda dal metro bipartito, 3/4 e 9/8, testimone del rapporto ambivalente che Dowland intratteneva con "Sua Maestà", come Smith ha delicatamente ironizzato nella sua introduzione. Un metro diversificato si ritrova spesso in questo repertorio, ad esempio nel successivo Now oh now I need must part (Frogg Galliard); altrettanto frequente è una struttura stabilita su serie di variazioni, come nella bella gagliarda The most high and mightie Christianus the fourth King of Denmarke, dedicata a Cristiano IV di Danimarca presso la cui corte Dowland fu attivo dal 1598.

Il contrappunto a canone è presente anche nel bis A dream, malinconico ed intimista, cui è seguito l'ironico Mrs. White Nothing e, soprattutto, una meravigliosa chanson ricavata dai libri di brani polifonici pubblicati da Pierre Attaingnant nel XVI secolo - tratta da un recente disco di Smith (Pierre Attaingnant, Preludes, chansons & dances, Astrée – Naïve E 8854) - i cui tratti sognanti, ma dalla precisa marcatura ritmica, introducono alla danzante atmosfera folklorica del Cinquecento francese, anche per le caratteristiche modali delle scale utilizzate.

Una vera gioia per gli occhi, le orecchie e, cosa rara ma non nelle performances di Hopkinson Smith, per il cuore.

Hopkinson Smith in concerto
Myrth and Melancholy. Luci ed ombre del liutista John Dowland


cast cast & credits


Hopkinson Smith
 
 
 
 
 
 
 

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