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Prima della rivoluzione digitale

di Luca Bandirali
  The Center of the World
Data di pubblicazione su web 12/06/2001  
In pochi altri momenti della storia del cinema l'evoluzione tecnologica ha costituito la materia essenziale del dibattito intorno all'estetica del film: tutte le volte (introduzione del sonoro e del colore, avvento dei sistemi di ripresa e di montaggio in digitale) si è adoperata, non sempre a proposito, la parola rivoluzione. Ricordando l'analisi di Alain Masson [L'image et la parole, La Différence, Parigi 1989 (cit. in J.L. Leutrat, Il cinema in prospettiva: una storia, Le Mani, Genova 1997)] sulle presunte rivoluzioni in ambito cinematografico, ci si potrebbe anzitutto chiedere se e come l'avvento delle tecnologie digitali possa cambiare lo stato delle cose. Può la tecnologia digitale favorire un rovesciamento di ruoli e valori?

La diffusione dei mezzi di produzione crea i presupposti per un cinema a bassissimo costo, praticato non più da un'élite culturale ma da una base eterogenea e incontrollabile di creatori di immagini; restano da individuare i contorni di questo nuovo circuito, le possibilità reali di intervento al suo interno, le eventuali misure di difesa da parte dell'establishment. E', in questo senso, una tecnologia anti-sistema? Diciamo che contiene un potenziale eversivo, ma anche il suo contrario. Siamo agli albori di un nuovo linguaggio? Difficile rispondere, dal momento che finora non abbiamo visto altro che film: estremi (Julien: Donkey Boy) o convenzionali (The Center of the World), ma pur sempre film.

La gestione elettronica delle immagini cinematografiche, perlomeno in fase di montaggio, ha conosciuto una prima fase sperimentale alla fine degli anni Sessanta, si è scontrata con ritardi impensabili, e si è definitivamente affermata oggi. Il montaggio digitale è l'approdo di un percorso inaugurato dai pionieri della New Hollywood, e ripercorrerne le fasi di sviluppo sino ad oggi [W. Murch, In un batter d'occhi, Lindau, Torino 2001] ci si rende conto della complessità di un fenomeno che riguarda direttamente tutti gli attori del processo produttivo. Per dare un'idea della molteplicità di problemi che l'uso di una tecnologia pone, e della notevole ambiguità di talune istanze, proviamo ad elencare alcuni aspetti della questione.

la diffusione di Avid e Lightworks in ambito cinematografico è avvenuta in seconda battuta rispetto alle produzioni televisive, e all'abbattimento dei costi per la digitalizzazione delle immagini (il sistema delle major, in sostanza, ha sfruttato fino all'ultimo la vecchia tecnologia della Moviola e dei sistemi analogici, ed ecco spiegato il ritardo storico della cosiddetta rivoluzione)

- diversi osservatori del fenomeno sostengono che la nuova tecnologia è gradita alle major non solo per la velocità di realizzazione e per il contenimento dei costi, ma anche per una facilità di accesso al girato e al montato (e dunque di controllo reale dell'opera nel suo farsi)

- il 90 per cento dei film di oggi viene montato al computer, ma siamo in una fase decisamente ibrida che prevede il girato in 35mm, la gestione del montaggio in digitale e la stampa in pellicola

- quando anche il girato è in digitale, in ogni caso il terminale del processo di produzione (la sala) impone tuttora la proiezione della pellicola, sicché ci troviamo (da un punto di vista tecnologico) a parlare di film anche e soprattutto a livello di supporti, nonostante la rivoluzione - esiste una nutrita schiera di scettici, che continua (e presumibilmente continuerà) a girare in pellicola e a montare in analogico; tra questi, un signore americano che si chiama Steven Spielberg

Se l'arte di una data epoca si realizza coi mezzi di produzione che le si offrono, allora il problema della smaterializzazione del cinema nell'epoca della sua riproducibilità digitale si colloca in un discorso storico inevitabilmente più ampio, che coinvolge la struttura economica della produzione culturale. Il cinema è e rimane - secondo una definizione di Marcello Walter Bruno - una merce culturale orientata dal marketing. Ragionando sulle dinamiche produttive del cinema che sarà, è piuttosto evidente che la possibilità di girare con troupe ridotte, di contenere i costi in generale, e di accedere facilmente alle operazioni tradizionalmente più specialistiche (il montaggio in primo luogo), conduce l'opera cinematografica fuori dalla realizzazione collettiva, più o meno coordinata dalla leadership economica del produttore, più o meno orientata artisticamente da una volontà autoriale: è verso il cinema di un solo uomo, verso un cinema che è la diretta emanazione delle sue protesi tecnologiche, che ci stiamo muovendo.

La definitiva eliminazione della pellicola è poi il passo necessario per saltare la fase della distribuzione, selezione storica del cinema visibile. Quanto la libera circolazione delle immagini possa portare in termini di contributo reale ad un'estetica del film è fenomeno ancora indecifrabile; si pensi a come è arduo valutare la mole immensa di opere che quotidianamente i romanzieri di Internet rovesciano nella letteratura del mondo, senza cedere all'entusiasmo del sociologo né allo snobismo del critico letterario.

Certamente si pone il problema di organizzare un discorso critico intorno al cinema che sta per essere (cui non appartiene il fenomeno Dogma, nato come un anacronismo, stendendo manifesti marinettiani per rievocare nostalgicamente il cinema degli Autori e ribadire l'appartenenza del creatore di immagini ad un'élite), quello dei film girati dai ragazzi nelle strade di Roma con una videocamera di terza mano, montati in casa con un programma pirata e diffusi on-line nel circuito amatoriale, (quanto però nella speranza di passare dall'autoproduzione alla produzione?).

Invece sporcare l'immagine come Kusturica fa nel musicale Super8 Stories è un gesto falso e irritante, e antitetico rispetto all'attitudine punk esibita con malcelato orgoglio davanti alla videocamera. Quando un film come La vergine dei sicari - girato dall'intellettuale Schrader sui ragazzi di vita a Medellin - troverà il proprio "controcampo" in un film girato dai ragazzi di Medellin sull'intellettuale che li paga per fare l'amore, nuovi racconti cominceranno a procedere, imprevedibili, rigorosamente dal basso.

 





Concepisci queste immagini nell'aria, avvolgile nella fiamma, sono mie …
Dylan Thomas



 
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