drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Un'ipotesi per un nuovo teatro delle città

di Laura Bevione
  teatro
Data di pubblicazione su web 15/11/2001  
Negli atti dello storico convegno dedicato alle neoavanguardie teatrali del tempo svoltosi a Ivrea nel 1967, Franco Quadri denunciava l'incapacità del governo italiano a gestire i moltissimi teatri che ne arricchiscono il territorio. Venti anni dopo, nel suo intervento al convegno sul Nuovo Teatro ospitato ancora a Ivrea, Mario Martone definì il teatro contemporaneo come una "trincea costruita su nessun fronte". Oggi la realtà teatrale italiana non appare mutata e tuttavia l'esigenza espressa da Quadri e Martone ha generato esperienze originali, un progetto di legge, un regolamento ministeriale e almeno un regolamento regionale (il D.P.G.R. n. 10/R del 31/07/2001, emanato dal presidente della Giunta regionale del Piemonte in attuazione della legge regionale del maggio 1980 [!] contenente "norme per la promozione delle attività del teatro di prosa"). Durante il periodo della reggenza del Ministero dei Beni Culturali da parte di Walter Veltroni si giunse alla redazione di una "disciplina generale dell'attività teatrale" (Roma, 7 marzo 1997), destinata a diventare una vera e propria legge e che prevedeva fra l'altro la definizione del "sistema delle residenze", riconosciuto e sostenuto dall'amministrazione centrale e tuttavia sostanzialmente indipendente nella definizione del proprio progetto culturale, con la sola clausola della valorizzazione delle potenzialità artistiche locali.

Il documento si inseriva nel più ampio dibattito sul federalismo e puntava in primo luogo a ripristinare l'antico ruolo culturale rivestito dai centri minori ancora nell'Ottocento e a sottrarne a un destino di granitica museificazione gli spazi teatrali. Il testo sottolineava la necessità di "riequilibrio dell'offerta teatrale" (art. 37) all'interno del territorio nazionale, così da garantire l'organizzazione di stagioni anche in aree normalmente neglette dai circuiti abituali, e introduceva il fondamentale criterio della "programmazione triennale", conservato anche nei vari regolamenti successivi malgrado la loro minore carica innovativa. L'accento era posto sui due concetti di "stanzialità" e di "multidisciplinarietà": si mirava a creare un luogo che, da una parte, fosse sicuro e vitale punto di riferimento per la comunità per quanto concerneva le attività inerenti lo spettacolo e, dall'altra, potesse offrire ospitalità non solo alla prosa ma anche alla danza, alla musica e al cinema. L'esempio era offerto da Fiuggi Teatro, unica struttura che potesse allora vantare ufficialmente l'etichetta di "Residenza di teatro, musica e danza".

Diretta da Maurizio Panici, essa apre il proprio portone fin dal mattino aggiungendo così un ulteriore e inusuale luogo di incontro e di scambio a quelli tradizionali, come la piazza, e regalando alla comunità uno specchio non deformante in cui riflettersi con lucentezza. L'esperienza di Fiuggi, iniziata nel 1998, ha dimostrato che la prosa, come pure la musica e la danza, possono diventare una piacevole abitudine anche per quei cittadini che normalmente non frequentano il teatro, allorché esso sia trasformato in un luogo familiare, in cui è "facile" e piacevole trascorrere qualche ora. Il disegno di legge elaborato da Veltroni è divenuto due anni dopo, con ministro Giovanna Melandri, regolamento ministeriale (il n. 470 del 4/11/1999): il testo appare però meno innovativo rispetto alla bozza di partenza, assai più vago (in particolare riguardo ai criteri di valutazione qualitativa dei progetti teatrali presentati e alla definizione di che cosa s'intenda con termini ormai abusati quali "sperimentazione" e "innovazione") e, in sostanza, risultato di un compromesso fra la necessità di svecchiare il sistema teatrale italiano, adeguandolo anche all'attuale tendenza alla decentralizzazione, e la mancata volontà di intaccare privilegi pluriennali.

Fiuggi prosegue il proprio lavoro di radicamento nella comunità cittadina mentre il cammino attuativo del regolamento ministeriale è stato bruscamente interrotto dagli eventi politici che ben ricordiamo. Questo "contrattempo" non ha tuttavia scoraggiato la nascita ovvero la maturazione di esperienze che condividono, almeno nelle grandi linee, finalità e contenuti generali del regolamento. Gli esempi sono almeno quattro: il Teatro Giacosa di Ivrea, il Piccolo Teatro Perempruner di Grugliasco (Torino), il Teatro dei Sassi di Matera e Kismet Opera di Bari. Significativo - e paradossale per il particolare contesto sociale - il fatto che i battistrada di questo tentativo di rinnovamento del sistema teatrale italiano siano state Matera e Bari, quasi che la sostanziale "verginità" della scena del Sud abbia consentito una maggiore libertà d'azione, senza troppe consuetudini di potere da rispettare.

Massimo Lanzetta e Carlo Bruni, direttori artistici rispettivamente del Teatro dei Sassi e di Kismet, hanno costruito il proprio programma a partire dalla fondamentale esigenza di "radicamento" nel territorio, guidati dalla convinzione che esso soltanto consente di "mettere affetto" (Bruni) in quello che si fa: il teatro è inteso quale mezzo per porsi in relazione con le persone che ci sono accanto, partendo dunque dalla comunità in cui ci si è trovati a operare. Si tratta di dipanare un filo che avvicini istituzione teatrale e cittadini, annullando le diffidenze reciproche e permettendo anzi che ciascuna parte tragga alimento dall'altra.

Queste premesse - ideologiche, forse? - si sono concretizzate in cartelloni che, accanto agli usuali spettacoli serali (ma con scelte non ortodosse, come i molti autori contemporanei o i tentativi di contaminazione di linguaggi fra loro eterogenei), allineano laboratori di formazione e di educazione alla visione rivolti in primo luogo alle scuole ma pensati anche per il più vasto pubblico, oppure incontri con gli artisti o happening di varia natura organizzati negli spazi del teatro. In questa direzione si sta muovendo anche il Peremprumer, la cui direttrice artistica Pietra Selva Nicolicchia (una siciliana arrivata a Grugliasco dopo aver vinto un concorso pubblico [!]) è decisa a coinvolgere l'annoiata cittadinanza di questa grigia propaggine della periferia torinese in un progetto su "teatro e impegno civile" con spettacoli, testimonianze, mostre fotografiche e dibattiti.

Ancora in Piemonte come primo atto che rende esperienza concreta il regolamento regionale appena approvato è da segnalare l'attribuzione al Giacosa di Ivrea della denominazione di "residenza teatrale di Ivrea e del Canavese". Il teatro si è dunque trasformato in residenza multidisciplinare con la compagnia torinese Teatro di Dioniso, diretta dal regista Valter Malosti Questi quattro diversi esperimenti rappresentano altrettante possibili traduzioni in pratica dell'etichetta "residenza multidisciplinare" prevista dal decaduto progetto di legge e ne evidenziano la nebulosità: cosa dovrebbe essere e cosa dovrebbe fare una residenza? L'Italia, a differenza di molti altri stati europei (paesi scandinavi, ma anche Gran Bretagna e Repubblica Ceca), non possiede una tradizione in questo campo e corre dunque il rischio di replicare sotto nuove denominazioni antichi malcostumi. Le residenze rischiano infatti di ridursi a semplici contenitori per la distribuzione degli spettacoli, tramutandosi così in doppioni dei teatri stabili anziché in centri di progettazione e di formazione.

L'idea di fondo è proprio quella di offrire un'alternativa alla crescente apatia degli stabili (nati, peraltro, proprio con l'obiettivo di dare alla città un luogo in cui ritrovare sé stessa ed esprimere la creatività inespressa, come voleva Paolo Grassi) e di riempire di contenuti vitali i molti teatri comunali sottoposti a recenti restauri e ancora inutilizzati o sotto-utilizzati. Le residenze poi non sono neanche destinate - o almeno non dovrebbero esserlo - ad accogliere singole compagnie (benché sia il disegno di legge Veltroni, sia il regolamento ministeriale del 1999 e quello regionale del Piemonte prevedano proprio "la permanenza di un soggetto teatrale professionale") bensì a configurarsi come laboratori per l'ideazione e la realizzazione di progetti culturali, la cui messa in atto potrà essere affidata ogni volta ai soggetti che ne possiedono le prerogative e le capacità, senza vincoli troppi stretti. Il rischio che l'assegnazione degli spazi si riduca a una clientelare distribuzione di favori è tuttavia alto e ciò rende quanto mai pressante la necessità di una definizione maggiormente articolata e lucida della natura, delle finalità e soprattutto dell'organizzazione delle residenze.

Se gli scopi sono piuttosto chiari - valorizzazione delle forze artistiche locali, formazione del pubblico con la priorità assegnata alle scuole, rafforzamento dell'identità delle singole comunità cittadine, creazione di nuove opportunità lavorative - appare più difficile individuare su chi ricadrà la responsabilità di tradurre tutto ciò in pratica. Si affaccia così sulla scena italiana la figura del Dramaturg (vd. l'intervista a Laura Olivi contenuta nel Quaderno Drammaturgia 2001, in uscita a fine novembre) sotto le vesti del "progettista culturale", il quale, partendo dalle esigenze concrete e dalle forze della realtà in cui opera, potrà tracciare un cammino pluriennale coerente in base al quale scegliere poi i soggetti da coinvolgere. Il movimento dovrebbe essere dal progetto verso gli attori e i registi e non viceversa (come accade invece negli stabili, e non solo): la priorità è assegnata alle idee e non ai "contatti" che è necessario compiacere. Le residenze potrebbero tramutarsi davvero in laboratorio per un teatro del cittadino-spettatore-creatore: luoghi allo stesso tempo sociali, educativi e creativi, alternativi alle sedi tradizionali e alle logiche della spartizione degli spazi e del potere.

 





 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013