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Viaggi e miraggi

di Giulia Tellini
  David Riondino e Sandro Lombardi
Data di pubblicazione su web 02/01/2005  
In occasione del novantesimo compleanno di Mario Luzi, nato il 20 ottobre 1914, la Compagnia Lombardi-Tiezzi, che rinnova ancora una volta la collaborazione col poeta iniziata nel 1989 quando ci fu la messa in scena del Purgatorio di Dante, dà vita teatrale al poema, scandito in varie stazioni, Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994). Vi si immagina che il pittore senese morto ad Avignone nel 1344, avvertendo ormai l'approssimarsi della fine annunciata dall'età e dalla malattia, desideri ritornare, senza alcun elegiaco input nostalgico, alla propria città natale. Ad accompagnarlo in questo viaggio - che è insieme ritorno e ripiegamento, ennesimo percorso di formazione ed ennesima via crucis - sono la moglie Giovanna, il fratello Donato, «la moglie di lui bella e strana, di nome anch'essa Giovanna», un ragazzo di bottega ed infine uno studente (da supporre di teologia). La vicenda è brechtianamente raccontata da un narratore esterno che, descrivendo le diverse situazioni attraversate dalla carovana, ha la funzione di esplicitare, assecondandone i ritmi, l'aspetto più terrestre di tale viaggio.

Quanto all'aspetto celeste, consiste, invece, nelle incessanti meditazioni - ora sussurrate, ora cantate, ora tumultuose ora distillate - della brigata: sull'inafferrabilità dell'essere umano, sul potere di una luce intellettuale dantescamente "piena d’amore" che «unifica» e «assolve», sul timore della caducità dell'opera d'arte e sulla figura dell'artista continuamente in bilico fra estasi e umiliazioni, sul confronto fra la mercantile Firenze e l'araldica Siena, sul succedersi delle generazioni, sul claustrofobico decorso – puntualmente diagnosticato – di uno smarrimento di sé che sembra un incubo e si rivela infine una «fulgida agonia», sull'ossessione – sposata a un pungente senso di inadeguatezza - di ricercare la verità, sulla vita che è morte e sulla morte che è vita, sulla metafora del fiume, sulla vecchiaia che significa principio.

Lessico e sintassi sono l'esito dell'inevitabile immedesimazione di uno dei poeti novecenteschi più vicini a Dante nel pittore trecentesco più vicino a Petrarca (ma celebre per aver drammatizzato, grazie alle intense contrapposizioni cromatiche, la luminosa fissità del gotico d'oltralpe). Il lessico (arcaico e icastico o innovativo e, a tratti, anacronistico nella sua intima dinamicità) e la sintassi (biblica e liturgica o volatile e immediata), che scandiscono il monologante fluire poetico, mirano ad agguantare le cose, a essere panteisticamente dentro le cose. Se le parole mirano, dunque, ad agguantare le cose, gli attori coinvolti nella teatralizzazione del poema non devono far altro che mirare ad agguantare le parole perché è qui che risiede il teatro: dentro le parole. «Il miracolo chiesto all'attore – spiega Sandro Lombardi – è quello di sanare l'antinomia fra la realtà e l'idea, di fondere la realtà con un linguaggio che potenzia la realtà stessa». Permeandolo d'una certa elegante "proustianità", Lombardi, che già era stato Pontormo nel luziano Felicità turbate (Maggio Musicale 1995), col consueto equilibrio, "anima" – nel significato latino di "vivifica" - un fatalista Simone Martini che, immerso in una ovattata sonnolenza, «entra nel suo futuro» dormendo. «Data l’impossibilità di ridurre il testo alle convenzioni della "commedia", era necessario – spiega il regista Federico Tiezzi – che la configurazione del racconto fosse nella recitazione degli attori, nella loro capacità di far emergere le immagini dalle profondità dove si trovano le parole».

Fabio Mascagni, Alessandro Schiavo, Clara Galante, Massimiliano Speziani, Marion D'Amburgo
Fabio Mascagni, Alessandro Schiavo, Clara Galante,
Massimiliano Speziani, Marion D'Amburgo

Nella prima metà dello spettacolo, introdotta dalla struggente melodicità di Bang Bang (canzone che servì da sottofondo per il ballo fra Amleto e Ofelia in Scene da Amleto e quindi da considerare ormai cifra stilistica di Tiezzi), i sette personaggi si muovono su un medievale fondo oro mentre, in due edicole laterali color blu cobalto, sono sistemati il "musico" (Massimo Signorini) che, col suono avvolgente e popolare della sua fisarmonica, accompagna la parola poetica favorendone l'assuefazione se non la (ingannevole?) familiarità del pubblico e il narratore (l'affabulatorio David Riondino dotato di immediata comunicativa), tangibile punto di contatto fra gli spettatori e la rappresentazione. Varie paia di scarpe sono disseminate sul palcoscenico a rammentare, di continuo, a Simone la necessità di proseguire il cammino nonostante la malattia, a un certo punto, lo costringa a stare a letto e l'unico sollievo sia l'affettuosa compagnia del ragazzo di bottega (l'immancabile Alessandro Schiavo) che gli tiene in alto i piedi, sulle spalle, come il giovane servo Gerasim teneva in alto i piedi del padrone Ivan Il'ic. Dopo una serie di deliri «celestiali» - perché prodotti da un armonico gioco combinatorio di ricordi e trasfigurazioni - ma anche tormentosi e caotici (non a caso sottolineati dalla percussività dissonante del rap di Eminem oltre che da automatismi gestuali e stridori luministici da videoclip), Simone, al contrario di Ivan Il'ic, si risveglia: «Ti prego, non ritornino. Ore di carcere in cui ero in compagnia di me che m’ero inviso per nero disamore».

Con Eminem, quindi, ha inizio la seconda metà del viaggio: in mezzo all'avignonese bizantinismo del fondo oro si aprono adesso due moderne salette esistenzialiste alle cui pareti sono appesi due schermi che proiettano, quasi fossero quadri iperrealisti, il video di un occhio ingrandito e in perenne movimento, come quello del Grande Fratello di orwelliana (teniamo a precisare) memoria. Prima di giungere alle soglie di Firenze, la «Gran Villa che brulica», «formicola» e dà asilo ai nuovi artisti «più rudi, più solidi e corposi e prossimi ai mercati», prima cioè che il protagonista prenda "visione" della nuova realtà artistica, suo fratello Donato (il brillante Massimiliano Speziani in un ruolo affine a quello di Tiresia nell'Antigone di Sofocle) delizia il pubblico nelle vesti di uno stralunato prestigiatore para-felliniano che, alla ribalta, mentre scandisce l'intermezzo intitolato seme, finge di far apparire e scomparire questo umile («minuscolo e invisibile») simbolo, per eccellenza, di morte e rinascita.

Se alla matura Giovanna di Simone (l'ottima Marion D'Amburgo) spettano le brevi e amare riflessioni sulla funzione dell'artista nella società, le ispirate poesie sul Fiume si addicono di più all'eccentricità della giovane Giovanna di Donato: Clara Galante (simile nell'atteggiamento e nell'abbigliamento alla Silvana Mangano di Riso Amaro), in virtù della sua straordinaria vocalità, le intona lentamente, adeguandole ad una melodia di Luciano Berio arrangiata secondo lo stornellare delle mondine. Le fa da controcanto lo stillante gocciolìo dell'acqua. Infine: il ritorno alla terra orciana e a Siena significa per Simone Martini–Mario Luzi ritrovare le radici della vita, respirare la pura essenza delle cose e di sé.

Oltre ad essere un arduo saggio di virtuosismo recitativo, questo intenso e accuratissimo atto unico Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini concilia sapientemente sintesi e analisi, modernità e tradizione, algido neoclassicismo didattico e trascinanti mitologie personali, "fiorentinità" e "senesità" («non può esistere – secondo Mario Luzi - Firenze senza Siena né viceversa: è una amalgama che supera tanto il senese quanto il fiorentino»). È dunque il prezioso risultato meta-teatrale di un sotterraneo lavorìo filologico e registico teso a sublimare, divulgandolo, un testo meta-poetico di esegesi estremamente complessa. Si sa che i viaggi non servono a dare risposte (specie a quesiti assoluti come «dove mi porti mia arte?») ma a suscitare domande: lo spettacolo infatti si chiude con un'interrogativa («E’ forse il paradiso questo?») pronunciata da uno smarrito (felice, forse...) artista fuori dal tempo (Sandro Lombardi che è tanto Simone Martini quanto se stesso), seduto sul limitare del palcoscenico e rivolto verso il pubblico.

Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini
cast cast & credits
 
 


 

Federico Tiezzi
Federico Tiezzi




 

Sandro Lombardi
Sandro Lombardi

 

Foto: Marcello Norberth


 
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