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Il Paese dei piccoli peni

di Tina Porcelli
 
Data di pubblicazione su web 16/06/2001  
Pubblichiamo qui di seguito, per gentile concessione di "SegnoCinema", l'articolo apparso sul n. 109 della rivista, all'interno dello speciale "La serialita al cinema in epoca contemporanea" curato da Roy Menarini

In un intervento su una rivista on line, il professore danese Palle Scharitz Lauridsen racconta che, dovendo tenere una lezione sul cinema del suo Paese a degli studenti francesi, ha pensato di proiettare loro Festen di Vinterberg. Alla fine della visione, Lauridsen ha domandato agli studenti se fossero rimasti infastiditi dalle modalità della fotografia e del montaggio, e più in generale dall'applicazione pedissequa delle regole del manifesto di Dogma 95. Il professore confessa di essere stato colto di sorpresa dalla risposta: "No, siamo abituati a guardare MTV".

Nell'anno scolastico in corso, un docente di sceneggiatura di una scuola milanese di cinema ha mostrato ai suoi allievi alcune sequenze di Il Regno di von Trier, e il commento unanime è stato: "Sembra E.R.". Un ingombrante presenza della macchina a mano e il montaggio con stacchi bruschi, o immagini fortemente sgranate e dal look sciatto, evocano negli spettatori, più o meno sofisticati, gli stilemi più prossimi della loro memoria visiva, perlopiù di natura televisiva. Molto prima di The Truman Show e della diffusione massmediatica di Il Grande Fratello, Bruno Fornara, recensendo Il cameraman & l'assassino ("Cineforum", 324, maggio 1993), descrive sommariamente un programma televisivo belga intitolato Strip-tease: "Una troupe va in una casa, ci sta un mesetto, diventa parte del paesaggio domestico fino a farsi dimenticare e riprende quel che succede". Un presupposto programmatico non distante dallo stile visivo adottato per Festen dal regista e dal direttore della fotografia che, dichiara quest'ultime, doveva trasmettere la sensazione di un filmino girato li per lì da un membro della famiglia, senza la piena consapevolezza di quello che stava accadendo intorno a lui. Dogma 95, l'intuizione cinematografica più geniale degli ultimi trent'anni, ha elevato al rango di manifesto teorico d'avanguardia una normativa mediata da un immaginario visivo seriale che dagli anni Ottanta in poi, e cioè dalla legittimazione artistica dell'estetica low-fi (intesa come prodotto non più trasandato, ma genuino), ha pervaso in numero sempre maggiore i programmi televisivi: dalla messa in onda dei filmini amatoriali alle docu?fìction fino ai reality show.

L'operazione cinematografica Dogma 95 ha radici in un negoziato di vecchia data tra Lars von Trier e il Ministro della Cultura Jytte Hilden per produrre un numero consistente di film a basso costo. Esasperato dalle lunghe trattative per il budget di Le onde del destino ("Non ne potevo più di aspettare per sapere se avrei potuto girare il film"), il 13 marzo 1995 von Trier redige con Thomas Vintenberg il manifesto, provocatoriamente chiamato "Voto di castità", con un decalogo normativo assai preciso volto a facilitare le condizioni produttive del cinema. Immediatamente dopo, nasce il movimento Dogma 95, composto dal sodalizio dei suddetti con altri due registi: l'ex stella del rock danese Soren Kragh-Jacobson e Kristian Levring. I tre film Dogma finora usciti (Festen, Idioti e Mifune), realizzati dalla combriccola danese, hanno deluso le aspettative di gran parte della critica e generato facili ironie sulle farsesche peripezie delle troupe per non violare le regole (è leggendario lo stratagemma escogitato da veri Trier sul set di Idioti quando, avendo saputo che era stata adoperata una prolunga appartenente al fonico e non trovata una location, ne ha impedito l'utilizzo, obbligando gli attori a procurarsene un'altra suonando di casa in casa ai vicini). D'altronde, è innegabile la notorietà internazionale riscossa da questi tre film rispetto a tanti altri prodotti, frutti di manifesti artistici più o meno importanti e rimasti pressoché sconosciuti, a cominciare da quel La naissance d'un sixième art. Essai sur le cinématographè, scritto a Parigi nel 1911 dall'italiano Ricciotto Canudo, con cui venivano gettate le basi teoriche del nuovo mezzo di comunicazione.

Come nota John Roberts ("New Left Review", 238, 1999), parimenti a tanti altri editti cinematografici a cominciare dal Neorealismo e dalla Nouvelle Vague, Dogma 95 intende contrapporsi "alla paralisi e alla decadenza del cinema commerciale con la sua finzione corrotta, l'impiego indiscriminato degli effetti speciali e il sentimentalismo deteriore". Se le premesse teoriche non sembrano eccellere in invenzione rispetto ai contributi critici di quest'ultimo decennio (basti vedere gli interventi di Paul Virilio sui "Cahiers da cinéma" a proposito della necessaria fondazione di una "écologie du regard"), la straordinaria perspicacia del quartetto danese, e la sua sostanziale e propositiva differenza rispetto a tutti gli altri manifesti, consiste nell'aver stilato un decalogo normativo incentrato esclusivamente sugli aspetti formali dei linguaggio cinematografico. Così se nel caso di Shining, ad esempio, non possiamo parlare di un film-steadicam, ma di un film che usa la macchina steadicam per una finalità artistica, Idioti è un film Dogma perché fonda la sua struttura portante su una metodologia formale stabilita a priori.

Dogma 95 diventa così un marchio di fabbrica seriale che, mantenendo un perfetto equilibrio tra il versante artistico e commerciale, va in direzione di una democratizzazione del mezzo cinematografico: tutte le regole sono una semplificazione dei modi del fare cinema, a partire dal fatto che i film vengono girati su supporto digitale e con la macchina a mano. Non solo Festen è il primo film non realizzato su pellicola a vincere nel 1998 il Festival di Cannes, ma è anche campione d'incassi in Danimarca, dove ha avuto più successo di Titanic. Quando, al Festival di Berlino del febbraio 1999, i produttori di Mifune, vincitore dell'Orso d'oro, sono stati letteralmente presi d'assalto da agenti e distributori che volevano acquistare il film per i loro territori, è apparso evidente che Dogma 95 era ormai diventato un business internazionale.

Per alcuni filmaker fare un film Dogma significa semplicemente girare in video e con la macchina a mano per tutto il tempo, e la Danimarca, che non viveva un periodo così fortunato nell'ambito cinematografico dal secondo decennio del Novecento, è diventata la meta più ambita da volenterosi stagisti aspiranti registi. La dice lunga la schietta dichiarazione che Vintenberg ha rilasciato nel documentario di Richard Kelly Dogma 95: "Solo le regole specifiche si sono rivelate utili, come quella di girare con la macchina a mano, o di non utilizzare accessori o scenografie ricostruite. (...) Quando si vive in un piccolo Paese, è necessario urlare per farsi prestare attenzione. E una situazione psicologica analoga a quella di un uomo che, dotato di un piccolo pene, desidera guidare una potente motocicletta. Buona parte dell'arroganza alla base di Dogma 95 scaturisce dall'essere un piccolo Paese con piccoli peni".

Così se da un lato la critica cinematografica continua a indignarsi contro la rigidità normativa del decalogo Dogma, accanendosi a sottolinearne le inevitabili trasgressioni e la debolezza dei risultati, gli addetti ai lavori hanno scoperto d'un tratto che l'autolimitazione, necessità con cui l'industria del cinema si confronta ogni giorno, può anche diventare una provocazione artistica di successo. La qual cosa è particolarmente evidente, ad esempio, per la regola numero dieci del manifesto Dogma che recita "Il nome del regista non deve comparire", perché è esattamente il tacito sottinteso che vige, a eccezione di pochi autori privilegiati, nel mondo del serial: forse che i nomi dei registi di Beautiful sono pubblicati sulle pagine dei programmi televisivi dei giornali?, o i film della serie James Bond vengono associati al nome del regista invece che all'interprete?

Oggi il cinema non è più un'arte di pochi, ma potenzialmente di tutti: grazie a Dogma 95, chiunque abbia una videocamera digitale può pensare di poter realizzare il suo lungometraggio e sperare di vincere un Festival internazionale. La reale minaccia al cinema non viene da Dogma 95, e cioè dall'omologazione normativa delle forme (Festen, Idioti e Mifune sono tre film diversissimi tra loro in quanto a stile visivo), ma si annida nella standardizzazione dei contenuti, ovvero in una dittatura seriale, questa sì occulta e pervasiva, che decide a priori la possibilità di realizzare o meno un film. Lars von Trier racconta, in un'intervista ai "Cahiers du cinéma" (503, giugno 1996), di aver ottenuto per la sceneggiatura di Le onde del destino un contributo economico dall'European Script Found. Egli spiega di aver saputo che i progetti, preventivamente scelti da appositi lettori, venivano nella fase finale selezionati con il computer: "Le onde del destino ha ottenuto un buon punteggio. E davvero divertente. Probabilmente aveva gli ingredienti giusti: un operaio che lavora su una piattaforma petrolifera in mare, una vergine, un paesaggio romantico - elementi che il computer deve aver apprezzato!". In questo caso, è la sommatoria macchinica di una tipologia di caratteristiche narrative prestabilite, rispondenti a canoni standard, a decidere la graduatoria per i finanziamenti e, conseguentemente, gli interessi artistici e culturali di un progetto.

Nel 2000 in Inghilterra è uscita un'antologia di racconti intitolata All Hail the New Puritans. La prima pagina, che anticipa addirittura l'intestazione del titolo e l'indice, contiene "The New Puritans Manifest": un elenco di dieci regole seguite da dettagliate spiegazioni che ricalcano, nell'ambito della narrativa, il decalogo Dogma. La settima regola, per fare un esempio, proclama: "...In quanto squarci del tempo presente, tutti i nostri testi sono datati e ambientati ai nostri giorni. Tutti i prodotti, i luoghi, gli artisti e gli oggetti citati sono reali" (La settima di Dogma dice: "Sono proibite tutte le manipolazioni spaziali e temporali, vale a dire che il film accade qui e ora"). Il libro è composto da quindici racconti di altrettanti scrittori redatti nel rispetto delle regole enunciate, e uno di loro, Nicholas Blincoe, non é che lo pseudonimo di un gruppo di persone operanti nell'ambito della scrittura, del giornalismo e di attività correlate. Leggiamo nell'introduzione: "Questo non è un manifesto religioso. Potrebbe invece essere l'inizio di una nuova onda. Una possibilità di affogare i dinosauri". Solo i poveri di spirito (di mezzi), erediteranno il Regno dei cieli (del cinema, della letteratura, del futuro).



 

Copertina rivista SegnoCinema n. 109
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SegnoCinema n. 109

 
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