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Critica o pubblicità?

di Teresa Megale
 
Data di pubblicazione su web 07/06/2001  
C'è parecchio fermento nel mondo della critica teatrale, costretta a interrogarsi una volta di più sul proprio ruolo e sulle proprie funzioni. C'è agitazione e anche un certo senso di inadeguatezza rispetto a una informazione giornalistica che rischia di diventare sempre più superficiale e vuota. Contro la tendenza a confondere la promozione di un evento teatrale con la riflessione critica, si schiera l'Associazione Nazionale dei Critici di Teatrocon in testa il suo presidente, Ugo Ronfani, il quale ha inviato un documento ai direttori dei quotidiani nazionali, ai critici, ai direttori del Piccolo Teatro e di Emilia Romagna Teatro per ridiscutere di un'etica professionale attualmente in forte ribasso.

La presa di posizione dell'Associazione Nazionale dei Critici di Teatro è stata scatenata da due fatti concomitanti: le recensioni positivissime con le quali prima del debutto è stato lanciato Lolita di Ronconi (produzione del Piccolo di Milano, costata all'incirca tre miliardi) da parte di alcuni critici (per primo Quadri su "La Repubblica", poi Cordelli sul "Corsera" e D'Amico su "La Stampa"), e le anticipazioni negative espresse su Macbeth di Cobelli da parte del corrispondente RAI di Bologna e del critico del "Resto del Carlino", che hanno scatenato polemiche, risentimenti, accuse tra il teatro, il regista, gli attori, prima ancora che lo spettacolo affrontasse la prova del pubblico.

Nel caso di Lolita – ci spiega Ugo Ronfani – alcuni critici, hanno addirittura recensito lo spettacolo senza nemmeno vederlo, prefabbricando giudizi gratuiti, lanciandosi in audaci quanto immaginari scoop. A chi e a cosa serve fabbricare giudizi a occhi chiusi? Perché bruciare la critica, ridurla a sterile esercizio promozionale, contribuendo così a rendere sempre più esigui gli spazi sui quotidiani riservati al dibattito teatrale? L'Associazione Nazionale dei Critici di Teatro "non può e non intende restare indifferente davanti a quanto accaduto e considera doveroso fare la sua parte a tutela della funzione e della dignità della critica, nell'interesse della società teatrale nel suo insieme e di un'informazione culturale di qualità". Inoltre, "la valutazione critica di un evento teatrale […] è successiva e distinta dai momenti dell'informazione, della promozione e della propaganda dello stesso affidati, in un rapporto di reciproco interesse, ai teatri e alla stampa. Nell'interesse del lettore-spettatore (e, di riflesso, della società teatrale nel suo insieme) il critico deve poter svolgere il suo lavoro al di fuori di condizionamenti e pressioni, astraendo da condizionanti rapporti privilegiati, in responsabile autonomia di giudizio. […] Chiunque produca uno spettacolo e tenga ad essere giudicato per la qualità del prodotto, farà bene in futuro – è un diritto, ma anche suo interesse – a non incoraggiare pratiche discriminatorie all'interno della categoria dei ciritici. Che deve ritrovare, nell'interesse di una cultura del teatro oggi periclitante, una sua solidale unità intorno alle suddette regole di deontologia professionale". Il dibattito – se si vuole – è aperto.



 
 
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