drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Un genere catastrofista. I nostri effetti speciali: la politica e l'impegno

di Italo Moscati
  Buongiorno notte
Data di pubblicazione su web 17/09/2003  
Accendiamo il proiettore. Il fascio di luce illumina il primo film della Restaurazione Democristiana. Si tratta di Buongiorno notte di Marco Bellocchio che, dalla esclusione dal Leone 03 e dai lupini raccolti per la sceneggiatura, ha tratto un successo al di sopra delle aspettative. Se si pensa che i precedenti film su Moro - quelli di Ferrara e di Martinelli - non sono andati troppo bene e li abbiamo già dimenticati in fretta, il confronto va a tutto vantaggio di Bellocchio e del suo lavoro.

Un film, ripeto, della Restaurazione Democristiana. Gli ingredienti illuminati dal fascio del proiettore sono diversi. Intanto, si comincia con la dedica del regista: "A mio padre". Il regista dei Pugni in tasca che negli Anni Sessanta aveva tirato fuori i pugni dai pantaloni e li aveva rivolti al cielo in un tripudio di bandiere rosse, mescolandosi ai gruppi marxisti-leninisti, forse alla soglia degli Anni Duemila si è ricreduto sulla famiglia e sul capofamiglia. Una volta negava tutto un modo di pensare che circolava proprio nel periodo dei Pugni in tasca (1965) e che si rifaceva, acquisendone la carica critica ed eversiva, ad un libro caro ai contestatori dedicato ad "una società senza padre" scritto da Mitterlisch, ormai archiviato. Oggi, chissà. Niente di male. Lo stesso Bellocchio, nelle sue interviste, parla di suo padre come di un conservatore, un conservatore che – come tanti cons. che si rispettano - ha poi scoperto di avere generato due rampolli di sinistra: lo stesso Marco e il fratello Pier Giorgio, autorevole firma dei Quaderni piacentini, rivista politico-culturali in cui Goffredo Fofi si divertiva con il lancio di acuminate freccette al curaro verso film e autori dell'epoca, mai abbastanza rivoluzionari, mai abbastanza populisti.


Marco Bellocchio


Dunque, Bellocchio consapevolmente richiama il padre forse per testimoniargli pubblicamente riconoscenza, forse perché sente il bisogno di far sapere d'aver ricevuto tutto sommato un'educazione in bilico, un'educazione da un lato certo autoritaria (fu mandato a studiare dai gesuiti) e da un lato liberale, persino tollerante, di padre capace di lasciare ai figli scelte autonome. Un elogio per un conservatore che va oltre i sentimenti e oltre i sensi di colpa di un discendente di una famiglia borghese cattolica.

In secondo luogo, la Rifondazione Dc può contare su un ritratto di Moro che non ha uguali nel cinema e nella letteratura politica. Ho citato i film sul leader sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse, ma voglio citare uno dei libri che - prima del fattaccio del 1978 - aveva tentato di analizzare luci e ombre del personaggio, autore Italo Pietra, ex partigiano, ex direttore de Il Giorno fondato da Enrico Mattei con i soldi dell'Eni. Moro era, secondo questa analisi, un uomo di indubbie capacità ma guidava con astuzia e abilità strategica, cooptando e liquidando freddamente gli alleati uno dopo l'altro, un partito che impedì all'Italia di finire in braccio del comunismo orientale e che comunque ha assunto non poche responsabilità nella lunga crisi della cosiddetta Prima Repubblica. Ce lo siamo dimenticato?

In terzo luogo, i Brigatisti, che si fanno il segno della croce prima di desinare, mentre il Grande Prigioniero respira male nel buco in cui lo hanno rinchiuso, sono cattolici automatici nei gesti e nelle loro insane utopie giustizialiste. Il contrasto con il Grande Prigioniero Cattolico, impersonato da un asciutto e ieratico Roberto Herlitzka, risulta evidente e va a tutto suo vantaggio: un Capo che non ha paura, tenta il dialogo con gli aguzzini, non strepita vilmente quando sa di dover morire, è vincitore rispetto a quattro fanatici e al piccolo mondo che sta dietro; c'è persino una fanatica, la Vivandiera serva dei maschilisti in passamontagna, che sente talmente il dramma, la colpa, la grandezza della vittima da sognarne la liberazione, accompagnandola per strada con sequenze di un film impossibile, mai girato, e tuttavia estremamente significativo sul piano del riconoscimento che una brigatista senza saperlo offre al Grande Prigioniero Cattolico Nemico di Classe.


Buongiorno notte


Potrei continuare in questo senso, ma penso di avere chiarito il mio intento. Non c'è oggi mai la possibilità di un giudizio unico, univoco, su un film. Sappiamo bene che, morto il cinema di massa, e quindi scomparse le grandi ipotesi interpretative e di valutazione, ciascuno di noi ha gli strumenti per formulare ed esprimere un giudizio fortemente personale, più o meno attendibile, non importa. Le scene di un cinema mitico e generalista, quello di Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, sono scomparse definitivamente dalle sale cinematografiche come il fumo delle sigarette, droga intossicante per tutti oggi proibita.

A me Buongiorno notte è piaciuto. Ma non grido al miracolo. Spiego perché. Non tengo conto che la proposta è stata fatta a Bellocchio da RaiCinema. Non mi lascio affascinare dalla paradossale lettura che ho proposto - il film della Rifondazione Democristiana, e cioè su un film imperniato su un Eroe messo sullo stesso piano dei caduti della Resistenza o dei Partigiani uccisi da militi della Repubblica di Salò.

Mi convincono altre cose, problematicamente. La regia di Bellocchio che solleva un copione dalla sua mediocrità (forse lo hanno premiato anche per questo, oltre che per dare un contentino al regista deluso e a RaiCinema superdelusa). Una regia fatta di atmosfere e di personaggi impalpabili, tenuti insieme in una dimensione teatrale, astratta, in cui le immagini della Storia di ieri e di ieri l'altro si mescolano con lo scopo di dare alla vicende di appena ieri, quelle della Prima Repubblica, un'epicità che non riescono ad avere o che non si riesce a far uscire tanto è arida, complessa, sfuggente e contraddittoria la materia. Una regia che punta sul volto di un Attore (Herlitzka) per rendere credibile, umano, sofferente, sincero un Attore (Moro) della politica costretto a fare i conti con la propria umanità minacciata e a scriverne disperatamente per ritrovare l'Uomo nell'Attore della Politica.


Buongiorno notte


Mi convince Bellocchio abile, accorto, sornione e plateale anche quando immette i suoi incubi personali nel sogno della Vivandiera, una piccola Madre Coraggio che ha partorito una sua angoscia indomabile ma non il dubbio sulla Grande Cazzata Crudele che stava commettendo con i suoi Colleghi di Sangue.

Ecco il punto a cui volevo arrivare per sottolineare una questione generale. Bellocchio ha fatto un film personale. Può accarezzarlo e presentarlo come vuole, ma non può negare che esso arrivi al fondo di una parabola, dalla negazione del Padre alla accettazione del Padre e addirittura di un SuperPadre, ovvero dalla Famiglia dei Pochi alla Famiglia dei Tanti Italiani che hanno sofferto per la cattura e la morte di Moro anche perché sapevano che sarebbero rimasti. Orfani. Non era accaduto anche, per fortuna senza sequestri ed esecuzioni, dopo la morte di Palmiro Togliatti? I comunisti in lacrime mentre sfila la bara del Grande Capo nelle sequenze inserite nei film dei fratelli Taviani e di Pier Paolo Pasolini?

Gli italiani senza Moro. Orfani di fronte alla Politica senza le Corvengenze Parallele e le altre fantasiose invenzioni del moroteismo capace soprattutto di elaborare acrobatici Compromessi Storici (d'accordo con il Partito Comunista di Enrico Berlinguer). Orfani davanti alle facce di pietra della Classe Politica al completo che assiste alla cerimonia funebre e al dolore del Papa. Soli con se stessi e la lunga crisi di certezze che continua inesorabilmente.


Buongiorno notte


Alla fin fine, Bellocchio è il solo, solitario regista italiano che, pur lavorando su commissione, ha continuato a raccontare di se stesso, delle sue scelte ideologiche, dei suoi maturi passaggi psicanalitici con Fagioli (elevato a pericoloso sceneggiatore per alcuni brutti film), degli interrogativi che lo pervadono e delle oasi che trova per girare ancora una pellicola e andare avanti. È una posizione esclusiva. Fa giustizia di simboli ostentati in un contesto ridicolo come quello della Mostra di Venezia: il pugno chiuso di Bernardo Bertolucci mostrato alla vigilia della presentazione fuori concorso del suo film The Dreamers, un pugno chiuso, marmoreo come marmorea è l'attenzione verso il '68 raccontato attraverso le vicende di tre ragazzi appassionati di cinema (la prima parte del film e la sua fattura mi sono piaciuti molto). Bellocchio non è marmoreo. È, soprattutto dentro, un corpo fragile e pensoso, portato a trascinarsi sempre dietro tutte le sue immagini, cercando di adattarle, spremerle, giocarci come fa un fanciullo cresciuto che sa di non poter abbandonare niente dei suoi giocattoli se non vuole morire e finire nel casellario della politica e dell'impegno, nel muro dei pugni chiusi ridotti a gesto gratuito e non a gesto di lotta, forse antico, disperato…

Chi va a vedere Buongiorno notte, sappia che va a vedere una confessione a bassa intensità emotiva ma ad alta concentrazione psicologica di un autore, Bellocchio, la cui storia artistica rappresenta bene il rovello di una parte della borghesia intellettuale e cinematografara che ha cercato sempre e dovunque, spesso con ambiziosa presunzione di saper dare risposte al popolo degli spettatori da indottrinare, e alla fine ha deciso di dire ancora una volta ciò che meglio conosce, ovvero le proprie, provvisorie, discutibili interpretazioni.

Se il nostro cinema vive ancora, non avendone altri, degli effetti speciali senza effetti speciali della politica - a Venezia c'erano, oltre a Buongiorno notte e The Dreamers, anche Segreti di stato Paolo Benvenuti, Liberi di Gianluca Tavarelli -, possiamo almeno augurarci che si facciano passi avanti. I dossier del passato sono pieni di polvere e le verità non vengono fuori. E gli atti di contrizione (Bellocchio) o di consolazione (Bertolucci) non bastano. Sono due maestri, lo dimostrino, c’è tempo(?).


Locandina di Buongiorno notte
Locandina di Buongiorno notte

 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013